M5S, Di Maio tra Roma e Pinochet: cerca il kamikaze ma fa lui harakiri
Nel Movimento Cinque Stelle si consuma la sfida tra Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista
Non si può dire che il Movimento Cinque Stelle non ci fornisca di che divertirci ogni giorno; con il caldo che ancora fa una scorpacciata di Pop corn e gelati è l’ideale per accompagnare questa transizione verso il vicino autunno.
Tuttavia al di là del divertimento del teatrino romano (ed egli ingenti ulteriori danni arrecati alla città) si gioca dietro le quinte una partita molto più seria che riguarda il governo nazionale e cioè quella tra Luigi Di Maio (30), vicepresidente della Camera dei Deputati e Alessandro Di Battista (38), “Dibba” (come il glorioso calciatore della Roma Agostino Di Bartolomei).
Il piatto è ricco e i due giovanotti prima sconosciuti lo sanno bene; sanno che dopo essere stati miracolati dal populismo grillino che li ha lanciati in orbita pentastellare nelle massime Istituzioni della Repubblica hanno l’opportunità di raggiungere Palazzo Chigi.
Del resto il fenomeno è noto ed ampiamente previsto dai trattati di politologia è avvenuto (spesso con esiti drammatici) avviene ed avverrà sempre della storia.
I due hanno padri fascisti ma loro sono diversi: Di Maio è di “destra” e Di Battista è di “sinistra” fatta salva tutta l’ambiguità che i due termini contengono in generale in questa era post – ideologica ed in particolare per il M5S, coacervo di spinte opposte alimentate solo dall’antipolitica militante.
Fino al disastro Raggi Di Maio era il n.1, il favorito, il “cocco” del Capo, anche perché di ben otto anni più giovane del suo concorrente.
Ora, dopo la débâcle in cui lo ha coinvolto la Raggi la situazione, come in una avvincente partita di calcio si è rovesciata: Di Battista sale Di Maio scende e dunque Don Luigino è sotto pressione e quindi commette altri errori oltre quello esiziale di non aver detto che sapeva che l’assessora Muraro era indagata.
Proprio lui che voleva rappresentare in un certo senso l’anima moderata ed affidabile se non dialogante del Movimento ha perso il controllo e ha fatto un’altra gaffe: ha paragonato Renzi al generale cileno Pinochet ma lo ha collocato (il generale, non Renzi) addirittura in Venezuela!
E’ da ricordare un’altra storica gaffe grillina quella della senatrice Sara Paglini a proposito del generalissimo citato con un’improbabile nome e cognome Pino Chet.
Ma torniamo a Di Maio.
Questo nuovo disastro è il frutto del suo goffo tentativo di rimediare all’accusa di moderatismo che gli veniva rivolta dalla base ma la toppa è peggiore del buco perché riconvertirsi in corsa non è mai agevole e soprattutto si rischiano errori clamorosi.
Nel frattempo, abbandonato l’atlante storico – geografico consigliatogli dal padre giustamente più che irritato per lo sgarbo ideologico anche da lui subito Di Maio si è rimesso alla ricerca del famoso “kamikaze” ( o “kamikaza”) che ha consegnato l’email della senatrice Paola Taverna del 5 agosto scorso che lo metteva al corrente dell’ “indagatura” della Muraro.
A proposito di ideologie: chi ricorda più che l’unico partito ricevuto dall’ambasciatore Usa a Villa Taverna fu proprio una delegazione dei Cinque Stelle?
Sembrano passai secoli ma il governo Usa –come del resto il Vaticano- è da sempre attento al movimentismo italiano e pensava che una chiacchierata con i giovanotti potesse tornare utile.
Ma negli ultimi tempi tra il M5S e gli Usa volano stracci e c’è anche da capire il perché. https://www.affaritaliani.it/politica/i-cinque-stelle-mettono-le-corna-agli-usa-429305.html
Di Maio ormai perso l’aplomb istituzionale ha sbroccato contro l’ambasciatore J. R. Phillips e Renzi tirando in ballo il generale cileno e contro il monito minaccioso e -in verità- un po’ ricattatorio dell’agenzia di rating Fitch.