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Politica
M5S, la verità sulla svolta di Di Maio. E i 5 Stelle diventano un partito
LUIGI DI MAIO (foto Lapresse)

L'occasione è di quelle importanti. Importantissime. Storiche. Reduce dal deludente risultato alle Regionali in Sardegna, il vicepremier Luigi Di Maio convoca una conferenza stampa alla Camera dei Deputati. Sala Tatarella, quinto piano. I giornalisti e i reporter sono stipati, molti in piedi e qualcuno addirittura resta fuori dalla sala. L'enfasi è enorme tanto che la conferenza, in agenda per le 12.30, viene prima spostata alle 12.45, poi alle 13, per iniziare solo alle 13.05. Il messaggio è chiaro, solenne. Al via la svolta del Movimento fondato da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio.

Anche se il vicepremier non lo dice apertamente, di fatto, parte la trasformazione in partito strutturato sul territorio e con un'organizzazione regionale e comunale. Obiettivo, Di Maio lo scandisce più volte, "mettere al centro dell'azione politica i cittadini e i loro interessi". La macchina delle Politiche ha consentito al M5S di raggiungere il 42% in Sardegna il 4 marzo 2018, ma alle Amministrative (Regionali e Comunali) va tutto costruito da zero. Prima ci sarà un dibattito che durerà una settimana tra gli iscritti sulla piattaforma Rousseau e poi il confronto tra i parlamentari. Di Maio non ha fretta ma ha in mente una vera e propria organizzazione che sappia portare all'attenzione dei parlamentari e dei membri del governo i tanti problemi che da Nord a Sud si trovano ad affrontare quotidianamente gli italiani.

Ci saranno anche referenti per aree tematiche in modo che si possano canalizzare le richieste e le segnalazioni e che il M5S faccia da collante tra i cittadini e i ministeri centrali o le Regioni. Da qui, e non per il risultato elettorale in Sardegna e in Abruzzo, l'apertura alle liste civiche per le elezioni amministrative. Ma non quelle farlocche che nascono solo per raccogliere voti, Di Maio insiste molto su questo punto, bensì quelle realmente legate al territorio e che portano avanti le istanze dei cittadini. Confermato poi lo stop al vincolo dei due mandati ma al momento solo per i consiglieri comunali che, dopo una sana palestra, è giusto che possano correre per Regione, Parlamento o Europarlamento. Il vicepremier è sereno, determinato, tranquillo. Risponde alle domande dei giornalisti.

Non si sottrae e non polemizza nemmeno quando si parla delle "fake news" come il rapporto con Grillo. "Con Beppe ci siamo sentiti dieci minuti fa. Ogni volta che c'è un voto amministrativo esce la notizia di dissidi tra noi. Tutto falso", taglia corto il capo politico pentastellato. Quanto alle critiche dei dissidenti, "le solite due che parlano ogni mattina", Elena Fattori e Paola Nugnes, Di Maio è categorico: "La decisione degli iscritti si rispetta, punto", parlando del voto che ci sarà in Aula al Senato sull'autorizzazione a procedere nei confronti del ministro Salvini per il caso Diciotti e sul quale il M5S si è schierato per il no al processo dopo la consultazione della base.

Il ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico non lo dice apertamente ma per le due ribelli l'espulsione, se votassero sì all'autorizzazione a procedere per il leader della Lega, è quasi certa. Quanto alla guida del Movimento che ormai si fa partito Di Maio è netto: "Il ruolo del capo politico si discute tra quattro anni. La carica dura cinque anni", senza svelare cosa farà dopo il 2023. Siparietto simpatico mentre la conferenza stampa volge al termine con le luci della sala Tatarella che si accendono e spengono con un albero di Natale.

Il vicepremier non si scompone e ironizza, "qualcuno si sta divertendo a giocare con le luci". Poi torna serio, assicura che il governo duerà cinque e che nemmeno le elezioni europee avranno alcuna conseguenza sull'esecutivo. E ancora, l'annuncio che marzo sarà il mese dello sblocco dei cantieri, grandi e piccoli. "Un provvedimento sulla crescita saraà al centro dell'azione di governo nel mese di marzo". Ci sarà "un'interlocuzione con tutti i soggetti interessati" in modo da varare al piu' presto "un provvedimento che ci consentirà di cambiare questo Paese dal punto di vista dell'eccesso della burocrazia, del codice degli appalti, che blocca la spesa, e della possibilità di potenziare i controlli anticorruzione, in modo da lasciare stare gli imprenditori onesti e le imprese oneste". Il ministro dello Sviluppo economico ha anche messo in risalto che "i cantieri sono troppo lenti, è un problema grosso e dobbiamo accelerare". Mentre sulla Tav usa toni soft, dopo le parole del ministro Tria, affermando che nessuno mette in discussione il ministro dell'Economia anche se il contratto va rispettato. Però poi un siluro al titolare del dicastero di Via XX Settembre non manca: "Finche' non avremmo raggiunto un accordo di maggioranza evitiamo di commentare sempre". Il contratto di governo con la Lega resta il baricentro del discorso politico del leader 5 Stelle. "8 provvedimenti su 10 realizzati finora sono targati M5S", spiega con orgoglio. E annuncia che in un anno 11.600 navigator saranno assunti nei centri dell'impiego per far funzionare al meglio il reddito di cittadinanza. Su Bankitalia non affonda il colpo ma non cede di un millimetro, "ci si sta muovendo con il massimo dialogo, siamo chiamati anche ad altre scadenze nei prossimi mesi (in Bankitalia), farà parte di un discorso unico ma che non ci vede in contrapposizione. E' prima di tutto una scelta che coinvolge il governo e tutte e due le forze politiche hanno espresso esigenze di rinnovamento, anche in Consiglio dei ministri". Insomma, un Di Maio per nulla demoralizzato dopo il voto in Sardegna e per le sparute critiche interne. Il vicepremier prende in mano il Movimento, avvia la riorganizzazione interna (ovviamente con la base al centro) e rilancia l'azione di governo. Altro che 5 Stelle sotto choc...

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