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Politica
M5S, tutta la verità sul caso del M5S

“La Repubblica”, con un articolo di Giovanna Vitale, ci racconta come, a mesi dall’elezione di Virginia Raggi a sindaca di Roma, tutto sia fermo ed anzi nel caos. I vincitori della competizione elettorale non riescono a colmare i vuoti della squadra capitolina. Le persone contattate si defilano. Troppi provvedimenti sono fermi. Insomma si annaspa e tutto va a rotoli. Per chi ha una pessima stima del Movimento 5 Stelle questa dovrebbe essere musica, ma è difficile compiacersi dei guai dei propri connazionali. E infatti le riflessioni sono altre.

Guidare una grande città è molto difficile. Forse non impossibile, se si può contare su un personale di asburgica onestà e teutonico scrupolo. Ma farlo in Italia, dove l’approssimazione è la regola, battere fiacca nella Pubblica Amministrazione quasi un dovere (per non squalificare i colleghi) e la stessa onestà si tiene lontana da eccessi puritani, richiama erculee fatiche. Si può forse riuscire a sopravvivere a Torino: i piemontesi, si sa, hanno una testa “alpina”; ma volerlo fare a Roma, è temerario. Se si sentisse offrire la carica di sindaco, sono certo che Pericle rifiuterebbe. Quand’anche gli proponessero Solone come Capo di Gabinetto e l’integerrimo Aristide come Assessore al Bilancio. Anche ad essere tutti dei grandi, non per questo potrebbero fronteggiare l’enorme debito pregresso della città. È per questo che è stato naturale guardare alla giovane Virginia Raggi con un atteggiamento di paterno compatimento, all’insegna del romanesco: “Ma chi te l’ha fatto fare?”

La definizione della politica come arte del possibile sottolinea la natura pragmatica di quell’attività: destinata a muoversi nella concretezza, nella situazione data, senza la speranza né di cambiare gli uomini né di far miracoli. In questo senso, “mettere le mani in pasta” corrisponde a “sporcarsi le mani”. La politica richiede tolleranza, compromessi, magari accordi col diavolo. Perché agli elettori in fin dei conti interessano i risultati. In questo la politica è simile alla guerra, dove è ottimo generale colui che sacrifica coscientemente un migliaio di soldati per vincere una grande battaglia. Se il governo ingiungesse ai capi militari di non cercare di ingannare il nemico, di non sacrificare mai coscientemente un singolo soldato, di essere trasparenti nei loro piani e nei loro comportamenti, chiunque direbbe che quei politici sono dei dementi. E che l’unica conseguenza possibile sarà la sconfitta. Nello stesso modo nella pratica un eccesso di ideali che soffre troppo il solletico può andar bene per la campagna elettorale, ma nessuna persona sana di mente penserebbe di star parlando sul serio. E invece il M5S - probabilmente perché guidato non da un politico, ma da un artista - non ha capito che, vinte le elezioni, bisognava smetterla con le parole a vanvera. Con la deificazione dei magistrati. Con la fedeltà perinde ac cadaver a un ideale irrealizzabile.

Eleggendo Virginia Raggi, i romani hanno sottoposto il M5S ai suoi esami di maturità, per quanto riguarda la capacità di guidare il Paese. I dirigenti del Movimento avrebbero dunque dovuto aiutare in tutti i modi la giovane sindaca – se non a superare la prova – almeno a non fare cattiva figura. Invece hanno continuato ad insistere con le loro “fisse” ideal-giudiziarie. Avrebbero dovuto dire che la pretesa delle stimmate dell’Immacolata Concezione giudiziaria, per la minima carica, erano stati degli errori. Non si può attribuire a un qualunque Pm il potere di stroncare con un avviso di garanzia la vita politica di qualcuno. E invece hanno continuato a prendere sul serio le loro assurde regole, e il risultato è il caos di Roma, oltre che nel Movimento. La stessa Raggi ha dovuto scegliere tra sottomettersi in tutto e per tutto, dimostrandosi un burattino nelle mani di Beppe Grillo, oppure di ribellarsi, come ha fatto quando si è rifiutata di liquidare Paola Muraro soltanto perché iscritta nel registro degli indagati. Così ha messo in dubbio la struttura stessa del Movimento, che oggi non può né sfiduciarla né approvarla.

Tutti coloro che credono di avere trovato la soluzione per il motore ad acqua dovrebbero essere messi alla porta, perché è assurdo. Come è assurdo che dei giovani la sappiano tanto più lunga dei vecchi, che degli incompetenti possano governare meglio dei competenti, che la prima qualità della politica possa essere l’onestà e che si possa maneggiare la realtà senza sporcarsi nemmeno la punta delle dita. Vogliamo dire che Rino Formica ha esagerato quando ha definito la politica “sangue e merda”? Va bene, facciamo che sia “sangue e fango”: ma ci si può aspettare di avere le mani immacolate, maneggiandola?

pardonuovo.myblog.it

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virginia raggi roma m5s





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