Magistrati Corte Conti contro il governo. Colpo di mano. Autonomia a rischio
Un colpo all’indipendenza dei magistrati e rischio di assunzioni politiche. Nel Milleproroghe il provvedimento che insidia la Corte dei Conti
L’associazione dei magistrati della Corte dei Conti ha pubblicato ieri un durissimo comunicato stampa contro il tentativo del governo Pd-M5S di centralizzare le funzioni di controllo dell’Ente e anche di assumere nell’organismo togato, senza concorsi e senza titoli di merito, un massiccio numero di soggetti provenienti dalla Conferenza delle Regioni, diventando così un organismo pervaso dalla politica.
“L’Associazione magistrati della Corte dei conti, nel ribadire la propria ferma e convinta contrarietà rispetto al tentativo di realizzare, attraverso numerosi emendamenti alla legge di conversione del c.d. decreto Milleproroghe, modifiche sostanziali alle funzioni ed alla stessa organizzazione della magistratura contabile (quale, ad esempio, la previsione di un massiccio ingresso nei ruoli della magistratura contabile di soggettinominati dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, in assenza di procedura concorsuale o di particolari titoli di merito) si mostra parimenti contraria alla recente proposta di realizzare la centralizzazione della funzione consultiva attualmente attribuita alle sezioni regionali della Corte stessa, tentativo già manifestatosi in precedenti proposte sempre respinte dal Parlamento”.
La “Conferenza delle Regioni e delle Province autonome” è un organismo di coordinamento politico e confronto fra i presidenti delle giunte regionali e delle province autonome, quindi fatto di politici e delle loro emanazioni. E in cui il Pd e la sinistra, non certo i 5 Stelle, sono particolarmente forti, dato il radicamento nelle suddette da decenni di presenza. Dalla “Conferenza”, scrivono i magistrati, il governo ha previsto di far arrivare, senza alcun concorso e verifica dei titoli, nuovi funzionari nella magistratura contabile. Con risultati immaginabili e che i togati delineano: incrinare la già precaria, per tanti motivi, autonomia della Corte dei Conti.
Il decreto Milleproroghe è un provvedimento che per disposizioni urgenti il Consiglio dei ministri fa tutti gli anni a fine anno. Ma in mezzo all’urgenza ci finisce di tutto. Anche interventi come questo.
“L’emendamento”, scrivono i togati, prevede una singolare centralizzazione delle funzioni, “impedendo agli enti locali di potersi rivolgere alla sezione regionale più prossima e costringendoli ad accedere ad un’unica sezione centrale, difatto sterilizzerebbe una funzione che ha fino ad oggi consentito alle amministrazioni locali di porre in essere scelte sempre più improntate a criteri di efficienza, efficacia ed economicità, a garanzia esclusiva della legge e dei diritti dei cittadini”.
Il riferimento è al tentativo di eliminare il funzionamento della legge La Loggia che dal 2003 impone agli enti territoriali un controllo preventivo sulla gestione finanziaria dell’ente stesso. La legge La Loggia ha introdotto i cosiddetti controlli “collaborativi” sulla gestione finanziaria degli enti locali, evitando o limitando, in soldoni, spese improprie e assunzioni fuori controllo.
L’atto, secondo i magistrati, sarebbe incostituzionale perché attacca l’indipendenza di ciascun magistrato, con una “doppia censura di incostituzionalità”. In più dà una possibilità maggiore agli enti locali di agire fuori controllo, effettuando spese improprie, non adeguate ai propri standard. Nel “tentativo”, scrivono, “di modificare in maniera estemporanea e superficiale le funzioni della Corte dei conti, con emendamenti che mentre dichiarano di voler favorire l’univocità dei relativi indirizzi (esigenza già assicurata dai vigenti strumenti di nomofilachia) tendono invece a costituire le premesse per realizzarne l’unicità, in netto contrasto con i principi di autonomia ed indipendenza di ciascun magistrato”.
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