Manovra, Salvini-Di Maio a Tria: “Se non ti piace il deficit, au revoir”
Manovra, il vero punto è che a Bruxelles non vogliono che venga demolito il totem della spending review e del rigore
Nessuno invoca i forconi contro il Ministro Tria, eppure il nocciolo di tutti i ragionamenti nei Palazzi, e a mezza bocca nelle dichiarazioni alla stampa, è questo: “Se Tria non è più nel progetto, lo cambiamo.” Un monito importante, perché il capo di Via XX Settembre, messo lì per sacrificio in dote al Capo dello Stato riluttante a Savona, non può trasformarsi da guardiano dei conti a lupo cattivo che si mangia la crescita del Paese.
“Mentre tutti dicevano che fosse troppo grande per colpirlo”, Davide pensò che Golia fosse “troppo grande per poterlo mancare”, invece. Insomma, il deficit serve per dare slancio agli investimenti, per abbattere il cuneo fiscale, per smontare la legge Fornero. Il Bilancio dello Stato dev’essere utile a frustare il cavallo dell’economia, e non a frustrare come da 7-8 anni a questa parte le tasche dei cittadini.
Il coraggio, come quello che si è mostrato di fronte alla crisi migratoria, fa la differenza tra un politicante ed uno statista, tra un burocrate ed un visionario. Bisogna scommettere sul volano della ripresa, altrimenti continueremo a condurre manovre pro-cicliche, che fanno stagnare i consumi, l’inflazione, la domanda interna, e di conseguenza il lavoro e le prospettive per il futuro.
Grazie agli effetti moltiplicativi delle cosiddette spese intelligenti, ci sarà un impatto virtuoso sui conti privati e poi su quelli pubblici. Il debito pubblico si è pensato di ridurlo tagliando le spese, e invece da Monti in poi è solo aumentato, perché l’unico modo di ridurne l’impatto sul PIL è incrementare quest’ultimo, ma non si può avere senza uno shock iniziale (non traumatico). Il vero punto è che a Bruxelles non vogliono che venga demolito il totem della spending review e del rigore, perché nel lungo periodo sanno benissimo che il bluff dell’austerità positiva verrebbe spazzato via, come pian piano è successo con le ipocrisie sulla moneta unica e sull’accoglienza. Oltre ad una questione di orgoglio professionale, come può una intera classe dirigenziale ammettere i propri errori e pensare di rimanere in vita sul proscenio?
Il “ci stiamo sbagliando ragazzi” non è consentito quando si è giocato con i diritti sociali ed inalienabili degli europei.
Twitter @andrewlorusso
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