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Politica
Non ha vinto nessuno, ha perso Renzi

Di Gianni Pardo, pardonuovo.myblog.it​

Quando si sbaglia, non c’è modo di evitare la brutta figura. Si possono soltanto contenerne le dimensioni affrettandosi a riconoscerla. Dunque personalmente dovrei precipitarmi ad affermare: sul Movimento 5 Stelle ho sbagliato. Pensavo non avrebbe combinato niente e sarebbe sparito al più presto, e invece è ancora lì, ha ottenuto che divenisse sindaco di Roma la sua candidata ed ha vinto diciannove ballottaggi sui venti ai quali ha partecipato. Non si direbbe che sia in cattiva salute. Tanto di cappello, dunque, e tanta cenere sulla mia testa.

Ma la mia è una testa dura. Mentre riconosco gli errori, non riesco a far notare come ci siano dei dati incontrovertibili. Un partito politico può benissimo nascere per protesta e prosperare protestando. Ma poi ha soltanto due possibilità: o diviene insignificante, o si propone come forza di governo.
E qui cambia tutto. Dal cielo si scende sulla terra. Dall’ipotesi si passa alla realtà. Dal sogno si passa all’azione e così, come ha detto un pessimista che era anche un umorista, decidere significa passare da molte scelte ad un solo errore.

È a partire da questo momento che una forza politica diviene importante: perché se governerà bene sarà forte, e non perché prima protestava, ma perché ha ottenuto risultati positivi. Se invece si dimostrerà incapace di fare meglio dei predecessori, si sgonfierà. Nessun prodotto commerciale sopravvive alla delusione.
Naturalmente tutto ciò non è stato costantemente valido, nella storia. Infatti può avvenire che una teoria sia sbagliata economicamente e politicamente, e tuttavia duri nel tempo, come il marxismo, ma soltanto mantenendosi al potere con la forza della dittatura. Diversamente l’utopia si mantiene soltanto se, come fa il Cristianesimo, da un lato rende responsabile di tutto il potere laico, dall’altro sposta le più grandi delle sue promesse nell’aldilà.

In questo senso il caso del M5S è senza speranza. Esso non è portatore di un nuovo modello di teoria politica od economica, ché anzi i suoi slogan fanno cadere le braccia: “Onestà, onestà, onestà!” Quasi dovessero lanciare un supermercato e promettere di non rubare sul peso.
Il Movimento non ha una seria utopia da vendere. Non intende nemmeno instaurare una dittatura, di cui del resto non saprebbe che farsi. Quel movimento nato all’insegna del “vaffa” si appresta a governare nel quadro esistente, con gli strumenti esistenti e sulla base delle leggi esistenti. Insiste dunque sulla società qual è, e si può scientificamente affermare: se tutte le condizioni dell’esperimento sono le stesse di prima, il risultato non potrà essere che quello di prima. La Natura non cambia opinione.

La vittoria del M5S, in una città come Roma, suona come una campana a morto. Non per demerito del Movimento, non per demerito di Virginia Raggi, semplicemente perché i termini del protocollo non sono cambiati e non possono cambiare i risultati dell’esperimento. Soprattutto, non possono cambiare nel modo drammatico che i “grillini” hanno promesso.
Quando un problema è insolubile nelle condizioni date, come lo era il famoso nodo di Gordio, è inutile vantarsi di poterlo sciogliere. O si dispone della spada di Alessandro, che in campo politico si chiama rivoluzione, o si è costretti, una volta all’opera, a fare – se ci si riesce – soltanto un po’ meno male dei predecessori. Fine del sogno.

In questo campo aveva più senso il Pci quando si opponeva alla Democrazia Cristiana. Esso non propugnava qualche aggiustamento della società, che designava sprezzantemente come “riformismo”, ma un completo cambiamento, con l’adozione del modello sovietico. Se l’utopia marxista avesse funzionato, quella era la soluzione. E se non lo era, ma la gente era abbastanza ignorante e stupida per continuare a crederci, il Partito disponeva comunque di una rendita inesauribile: quella costituita dal sogno non ancora verificato.
Noi non abbiamo assistito ad una vera vittoria di un nuovo partito con nuove idee, abbiamo assistito alla sconfitta di un partito vecchio e del suo nuovo leader di cartapesta. Gli italiani sono talmente stufi di promesse non mantenute (e forse attualmente irrealizzabili) che, come ha detto D’Alema, voterebbero per Lucifero. Il ballottaggio è stato percepito tra governo e protesta ed ha vinto la protesta. E se la protesta poi diviene governo, ci sarà una protesta 2.0, che avrà un altro nome, ma la stessa inutilità, se non sarà portatrice di soluzioni nuove.

L’Italia ha bisogno di un nuovo modello di società. E finché non lo troveremo, finché gli italiani non l’accetteranno, non ci resterà che vivacchiare fra queste battaglie navali in una pozzanghera.


 

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