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Politica
Olimpiadi Rio 2016, ti pareva che Renzi non rilanciava il "panem et circenses"

di Massimo Falcioni

A Rio Matteo Renzi non è andato con la famiglia per godersi le ferie ma per un preciso disegno politico cavalcando le Olimpiadi, straordinario evento non solo di sport, strumento di distrazione di massa nella logica sempre attuale del “panem et circenses”. Alla vigilia dell’apertura dei Giochi, al termine della cerimonia dell’alzabandiera dell’Italia al Villaggio olimpico il premier ha rilanciato testardamente la candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2024 (chi vivrà vedrà…) sventolando bandiera bianca: “Per quindici giorni parliamo solo di sport e Olimpiadi”.

Come se all’Italia e al mondo si potesse staccare la spina. In effetti, rimanendo per sei giorni dall’altra parte del mondo, Renzi non vuole solo sostenere il tricolore librato sopra i cerchi magici olimpici di Rio interpretando il sentimento di 60 milioni di italiani e tanto meno vuole fare la parte del capo del governo “in fuga” di fronte ai problemi dell’Italia. Tutt’altro. Il viaggio in Brasile è parte di una chiara strategia politica e di comunicazione tesa a rassicurare gli italiani (per lo più in ferie magari a casa di genitori e nonni) sul fatto che il Paese naviga in acque tranquille, tant’è che il “comandante” può lasciare per una settimana la nave. In effetti l’Italia non è nella tempesta: peggio, è nella bonaccia.

Un parlamento-soprammobile, di nominati e indagati, con il chiodo fisso di non perdere lo scranno; un governo che tira a campare occupando però tutti gli spazi del potere, promettendo svolte e riforme di là da venire; un PD democraticamente e organizzativamente spolpato, ridotto a comitato elettorale affaristico e di conservazione a salvaguardia dei poteri “altri”, peggio della peggior destra che fu; una opposizione inesistente per l’assenza di un centro-destra privo di identità e di leadership, sempre ancorato ai sogni di riscossa di un Berlusconi ridotto all’Amarcord e con il M5S che più s’avvicina alla stanza dei bottoni, più la teme, dimostrando vuoto politico e culturale; una rete dei media servili che ripete il monologo dettato dall’uomo solo al comando. Anche le fibrillazioni interne della minoranza Pd – pur muovendo da questioni importanti quali il referendum costituzionale e il blitz della Rai – sono tutt’altro che dettate da una opposizione con una strategia politica e una struttura di combattimento: restano inutili beghe da pollaio cui nessuno presta più attenzione, liti condominiali legate a questioni di potere o, per meglio dire, di mezzo potere.

In questo quadro per nulla rassicurante, sempre più staccati dal Paese reale, restano spezzoni di iceberg con sopra gli esponenti del palazzo con fan e clan associati, dove dominano interessi personali e di parte, la corsa al potere e la corruzione. Sempre più distanti da questi, vagano senza nocchiero né bussola i resti di una società oramai disgregata, alla deriva di questo o quello, storditi dal tam-tam dei media in mano a prezzolati e asserviti corifei, mentre – consumato l’ultimo moccolo della candela della delusione - cresce il disprezzo contro la politica ma cresce al contempo la perdita di consensi del premier e del suo governo aggrappati ai propri slogan e alla propria arroganza.

C’è nel Paese qualcosa che va meglio di prima? C’è un segnale cui aggrapparsi per avere fiducia sul futuro? La maggioranza degli italiani lavora a testa bassa, almeno ci prova, manda giù rospi su rospi, tace, ma cova il disgusto e il rancore per chi pur avendo il potere non fa nulla per arginare la deriva in corso. Un numero sempre più ampio di questi italiani vuol far sentire il proprio dissenso, e non nelle urne, cercando una soluzione “fai da te”, dall’economia, alla giustizia, alla sicurezza. Non è il già visto negli anni ’20 da cui sfociò il fascismo. Ma, pur in un quadro tanto diverso, non mancano i segni di quel percorso che portò il Paese e l’Europa tutta alla disfatta totale.

Se questa Italia del mugugno che vuol passare al… bastone troverà un ancoraggio politico – un partito di fanatici e un leader che soffia sulla spazzatura del tanto peggio tanto meglio - cui affidare le proprie frustrazioni e le proprie paure, la democrazia italiana sarà davvero a rischio di devastazione. Si può stare anche peggio di così. Ma così, a forza di metter pezze sopra le pezze di prima, siamo vicini al punto dello strappo. Le banche sono a rischio e i risparmiatori temono per i pochi risparmi di una vita; forze egemoniche (per lo più straniere) alimentano ondate speculative per far crollare il valore dei titoli bancari e poterli acquisire a prezzi stracciati, l’immigrazione cresce incontrollata alimentando anche qui sospetti di speculazione e timori per la sicurezza e per l’incolumità personale, come pende la spada di Damocle del terrorismo.

Questa è la realtà, è un altro film da quello che sta vedendo l’olimpionico Renzi e il suo governo feriale. Non siamo alla terribile e potenzialmente catastrofica situazione dell’estate 2011 quando con lo spread in “fuorigiri” il Sole 24 Ore titolava “Fate presto” spingendo alle dimissioni Berlusconi ritenuto con il suo governo responsabile di una situazione da ko. Ma il lontano boato dei tuoni non promette nulla di buono: il 14% della popolazione è sotto la soglia della povertà; l’indigenza e la disperazione delle famiglie cresce senza pausa; il debito pubblico aumenta; l’economia ristagna così come l’occupazione reale; la produzione industriale perde in un anno l’1%; le proiezioni di crescita del Pil 2016 sono state riviste al ribasso per l’Eurozona e per l’Italia (tra lo 0,6% e lo 0,8% invece che sopra l’1% previsto) il che – se la stagnazione della crescita proseguirà anche nel 2017 – porterà in una nuova recessione o stagnazione endemica, di fatto entrando nel pozzo nero di un declino strutturale dell’economia italiana.

Ecco perché gli italiani temono il peggio, l’arrivo di un’altra stangata e di più. Ecco perché il 90% degli italiani non ha fiducia nel Parlamento e nelle banche e solo il 30% ha fiducia nel Governo (dati Mannheimer). Dopo aver fatto il conto delle medaglie conquistate a Rio dai nostri atleti gli italiani conteranno quanti soldi hanno ancora in tasca. A quel punto il “tricolore” non sventolerà più e gli italiani rincorreranno Renzi con l’asta della bandiera.

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