Altro che tagli! Con il «Sì» aumentano gli stipendi dei politici
L' indennità dei consiglieri regionali verrebbe allineata a quella dei sindaci, a volte più alta
Promesse azzardate, risultati incerti e possibili danni. La riforma costituzionale firmata da Matteo Renzi somiglia sempre di più a un castello di carte. Il presidente del Consiglio punta molto sugli umori anti-politici che un pezzo di elettorato italiano nutre.
Enfatizza per esempio la riduzione del numero dei politici e degli «stipendi». Ma anche i risparmi da lui tanto decantati sembrano un miraggio, illusione o peggio illusionismo dopo un' analisi concreta del testo che gli italiani sono chiamati a giudicare nel referendum convocato per il 4 dicembre. È il caso, per esempio, delle indennità dei consiglieri regionali. Il testo del nuovo articolo 122 stabilisce che gli emolumenti degli amministratori regionali trovino un tetto «nel limite dell' importo di quelli attribuiti ai sindaci dei Comuni capoluogo di Regione». Sembrerebbe, scrive il Giornale, una norma ispirata dal buon senso e improntata alla sobrietà istituzionale. Ma in realtà i dubbi e i «buchi» si moltiplicano. Intanto, lo stesso servizio studi della Camera dei deputati chiarisce che la previsione non si applica alle Regioni a statuto speciale, spesso storicamente molto «generose», e alle due Province autonome. Altro problema: non si introduce alcun automatismo e un altro passaggio della riforma richiama una legge «bicamerale paritaria». Che significa? Che dovranno essere la Camera e il Senato (composto anche da consiglieri regionali) ad approvare le nuove norme di riferimento. Bel paradosso fra l' altro, se si pensa che uno dei vanti che Renzi rivendica è la fine del bicameralismo perfetto (l' equiparazione fra Camera e Senato).
Poi c' un dubbio, grande quanto Palazzo Madama: cosa si intende con «emolumenti»? Sono compresi anche i rimborsi?