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Palazzi & potere
Anzaldi (Pd): Si vuole solo l'inciucio. Ma non si umiliano così i nostri elettori

Onorevole Anzaldi, il Corriere della Sera scrive che nel “correntone filo-governo” del Pd, che andrebbe da Franceschini a Orlando, passando per Gentiloni e Veltroni, ci sarebbe chi parla di “autismo renziano” che impedisce al Pd di dire sì al dialogo e a un governo di scopo. Che ne pensa? E’ così?

E’ veramente vergognoso che nel Pd ci possa essere qualcuno che usi espressioni come “autismo renziano”, peraltro proprio nel giorno in cui c’è stata la ricorrenza della Giornata Mondiale della consapevolezza dell’Autismo. E trovo ancora più imbarazzante che non sia arrivata neanche una smentita, né dal Partito né dai presunti autori di una battuta del genere, offensiva e di cattivo gusto. Tutto il Pd dovrebbe avere solo una parola per Renzi: grazie. Per quello che è stato fatto in questi cinque anni, che nessun governo prima aveva mai fatto.

Ma nel Pd in realtà non tutti sembrano pensarla così, anzi. C’è chi vuole archiviare frettolosamente questa stagione. Per piccole beghe di bottega si vuole buttare a mare la più grande stagione riformista degli ultimi decenni.

Ma ci ricordiamo come era iniziata la scorsa legislatura? Con la violazione di una consuetudine istituzionale: il parlamento costretto a supplicare Giorgio Napolitano di restare al Quirinale perché non si riusciva ad eleggere il suo successore. Si parlava di governi a tempo, non c’era alcuna prospettiva di riforme. Poi con l’arrivo di Renzi a Palazzo Chigi la svolta: primo taglio delle tasse dopo anni di stangate e austerity, abolizione di Equitalia, riforme storiche attese da decenni come unioni civili, biotestamento e Dopo di noi, una legislazione di provvedimenti sociali senza precedenti, e oggi l’Italia può vantare i conti in ordine con la migliore situazione di bilancio degli ultimi anni. Se non ci fosse stata la capacità politica di Renzi, anche a colpi di maggioranza e con la fiducia, non avremmo avuto nulla. E poi è stato grazie a lui se oggi abbiamo al Quirinale un galantuomo come Sergio Mattarella, eletto senza ripetere il film del 2013.

Lei parla dei meriti politici di Renzi, ma gli elettori vi hanno portato al 18%. Cosa non ha funzionato?

Intanto onestà intellettuale vorrebbe che il risultato fosse letto con correttezza: se si sommano i 7,5 milioni di voti del centrosinistra con il milione e 100mila consensi dei fuoriusciti di Bersani e D’Alema si ottengono 8,6 milioni di voti, gli stessi presi dal Pd nel 2013. Il 22,8% del centrosinistra più il 3,3% di Leu porta al 26% mezzo punto in più del Pd di Bersani. Nessuno mette in discussione la sconfitta, ma quanti partiti della sinistra in Europa sono riusciti a riconfermare i voti presi cinque anni prima, dopo essere stati al Governo? In Francia i socialisti dopo aver governato sono passati dal 28 al 6%, sostanzialmente avviandosi a scomparire, in Germania abbiamo visto le difficoltà della Spd dopo anni di grande coalizione. L’Italia è l’unico paese dove una grande forza riformista può essere ancora protagonista.

Quindi lei ritiene sbagliata la linea di chi vorrebbe aprire al dialogo con le altre forze politiche?

A me sembra che chi apre a inciuci trasversali, senza spiegare su cosa e perché, abbia in realtà tutt’altra intenzione: alimentare un congresso permanente dentro al Pd per guadagnare qualche posizione in più. Ma chi sostiene che dovremmo fare il governo con i cinquestelle umilia innanzitutto i nostri elettori.

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michele anzaldi





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