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Palazzi & potere
Atlantide/Chi usa la paura dà ragione ai venditori di terrore

Memoria. Giornata della memoria delle vittime del terrorismo. Oggi. In un tempo in cui la memoria ha poca cittadinanza. Eppure passa di qua la capacità di costruire un’Italia, una Europa più vivibili, un mondo più credibile, meno violento.

La memoria è il centro del cristianesimo. Ma sembra debole al tempo dei social media. Ma è grazie alla memoria così che lo Sconfitto, Gesù, è diventato speranza, cambiamento e presenza in tempi, luoghi, generazioni diverse. Memoria non è solo passato. Ma è la risposta alla nostra necessità di non essere solo superficie, solo attimo presente.

Per questo la Giornata della Memoria, delle vittime della Shoah, nell’anniversario delle liberazione da Auschwitz o della grande deportazione degli ebrei romani deportati in massa da Roma il 16 ottobre 1943, non è polverosa cerimonia. Trasmette alle generazioni gli anticorpi per riconoscere e prendere le distanze dal male assoluto e dai tanti piccoli mali del contagio di oggi. A Roma è diventata la Marcia della Memoria e il modo in cui i romani, ebrei, cristiani, credenti a modo proprio, musulmani, non credenti scelgono per una città multi-culturale in cui nessuno sia preso come capro espiatorio.

La memoria delle vittime del terrorismo comunica a una generazione che non sa e non ricorda il senso del debito di coraggio, serietà, primato della coscienza e delle cose che contano: valori e non solo pragmatismo. Debito per chi ha fatto della democrazia italiana una democrazia solida, ancorché giovane. Oggi l’anniversario della morte di Aldo Moro. Un uomo, un politico e un professore di diritto e di vita, che sapeva che il nuovo è meglio della conservazione rafforzando la democrazia italiana allargandone i confini. Un cristiano. Un martire.  Con lui tanti.  Anche giudici, Borsellino e Falcone, Rosario Livatino, un giovane. Preti innamorati del riscatto dei ragazzini di strada, come don Peppino Diana e padre Puglisi. Martiri del dialogo, eliminati ma non sconfitti, come don Andrea Santoro, ucciso dall’intolleranza terrorista e cieca a Trebisonda, in Turchia. E i nostri soldati di Nassiriya, o i troppi del Bataclan, dell’aeroporto di Bruxelles, di tante nazionalità.

Il terrorismo nel mondo, lo scorso anno, ha ucciso più di 32 mila persone. In  Pakistan, Nigeria, Irak, Siria, Afghanistan, India, Egitto, o le tante vittime di follia omicida e di armi che fanno parte delle stragi settimanali americane, stragi di americani fatte da americani: nelle scuole, ai comizi, nelle strade. Califfato, Boko Haram, Al-Shaabab, tanti gtuppi. Meno di 300 le vittime sul suolo europeo, anche se sono quelle che hanno scatenato la paura. I terroristi vorrebbero più morte e non hanno paura della morte.

La lezione che viene dalla Prima Repubblica è che il terrore delle Brigate Rosse non si è mai trasformato in arma di forze politiche interne per cavalcare la paura, come invece accade adesso. Lo sappiano i populisti vitalisti che stanno sempre in TV, se non vorranno essere schiacciati dal peso di essere stati cattivi maestri. Le BR volevano trasformare l’Italia in un mondo assediato e così raccogliere il consenso di masse operaie e giovanili. Non è stato così. Non c’è stata una legge speciale. Le BR sono state sconfitte. Con la resistenza: culturale, con la partecipazione, con il rifiuto della violenza. Il Califfato e i terroristi di oggi possono essere isolati dal dialogo sociale, dal rifiuto della paura, della violenza, dall’inclusione e dalla partecipazione. Sono le chiavi per de-radicalizzare sul nascere chi potrebbe essere affascinato da questo messaggio semplificato e dall’attrazione del terrore. Per questo, in questa giornata, occorre ricordarsi di una cosa semplice:  l’inclusione, l’accorciamento delle distanze con le periferie della vita e delle nostre città,  sono due potenti armi contro il terrorismo. Chi soffia e usa la paura, consapevole o inconsapevole, colpevole o meno colpevole, dà ragione ai venditori di terrore e gli offre una vittoria che non hanno e che non avranno.

Mario Marazziti

*presidente della Commissione Affari Sociali della Camera dei deputati

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