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Palazzi & potere
Atletica: il modello vincente? E' quello britannico. Costa meno e vince di più

Il modello vincente del Comitato olimpico britannico è dietro l'angolo, ma nessuno lo segue e costa meno del CONI

Più facile portarsi a casa, nelle federazioni, anche se non si vince, i contributi olimpici. Le ultime isole "felici" dello sport italiano e il caso FIDAL 

Si torna a parlare di FIDAL e del flop mondiale a Londra, dove la spedizione azzurra si è distinta più per gli allori enogastronomici (Casa Fidal, progetto di ospitalità, ha incontrato l’interesse di sponsor, media e semplici curiosi), che per quelli in pista, dove l’Italia ha conquistato un semplice bronzo nella marcia. L’investimento annuale pari a 10 milioni di euro annui (di cui 6 milioni per la parte sportiva) non sta sortendo gli effetti desiderati e i risultati negativi si vedono dal 2015 (precedente mondiale di specialità): in tre anni una sola medaglia (nonostante che gli azzurri in gara fossero ben 45), neppure del metallo più prezioso. La cifra, ma soprattutto il modello di finanziamento della Federatletica, anticipato da Affaritaliani.it, è stato ripreso anche dai principali quotidiani nazionali, che partendo proprio dal pezzo di domenica sera di “Palazzi e Potere”, hanno costruito pezzi sulle nuove promesse azzurre. 

Il “caso Fidal” porta inevitabilmente ad una riflessione sulla distribuzione dei contributi (CONI) nel mondo federale azzurro. In Inghilterra, per esempio, non tutte le realtà prendono un contributo minimale importante, come avviene nel nostro Paese (le FSN più piccole non incassano meno di 2 milioni di euro, anche se non raggiungono mai le Olimpiadi), perché il principio di riferimento è il “merito” e le “potenzialità di medaglia” nel quadriennio a venire. 

Il Comitato olimpico britannico non viene incontro a tutti i presidenti, solo per soddisfare esigenze elettorali future (meglio tenersi tutti buoni), ma solo se ci sono le potenzialità di conquistare una medaglia, quale che sia il valore. Per fare un esempio concreto: la Federpallamano italiana (FIGH) non ha mai raggiunto la qualificazione olimpica nella sua storia, eppure quest’anno riceve dal CONI circa 1,49 milioni di euro pur sapendo, al Palazzo H, che non staccheranno mai il biglietto per Tokyo2020. Nel Regno Unito questa situazione sarebbe gestita in modo totalmente diverso: risorse minime per le squadre giovanili e al massimo per pagare gli stipendi. 

Il problema è che la stragrande maggioranza delle federazioni italiane ha un numero di dipendenti eccessivo sia nel rapporto con la produttività media per addetto che per i risultati sportivi mediamente raggiunti. Spesso oltre il 40% di questi contributi se li mangia il costo del personale. 

Sempre in Inghilterra le federazioni di piccole dimensioni e di palmares vengono gestite con non più di 5 risorse incluso il presidente, da noi non si scende sotto le 12-15 unità, spesso eredità della politica del consenso di precedenti gestioni. E’ chiaro che sono tutte federazioni con zavorra, e dove non pesano i dipendenti ci sono i “pesi” dei mutui per gli impianti, che erodono pesantemente la torta dei contributi statali. Fa poi pensare l'assurdità di segretari generali pagati tra gli 80 e i 120 mila euro e presidenti (bravi o meno bravi) con un rimborso forfettario annuo non superiore ai 36 mila euro. 

Per non parlare dei soldi spesi dalle Federazioni per i campionati di specialità (in un modello moderno ci dovrebbe pensare la Lega di turno, ma molte federazioni le osteggiano per tenere il controllo politico di tutto il movimento). Soldi praticamente gettati al vento che potrebbero essere investiti sulle nazionali olimpiche (quelle più virtuose almeno). 

E’ un modello, quello in vigore nel nostro Paese, che non ha più senso. E' vecchio, ha buchi ovunque e il CONI dovrebbe intervenire prima possibile. 

Il presidente Giorgio Scarso (Federscherma), la federazione italiana più medagliata, incassa 4,9 milioni annui per la prefazione olimpica e potrebbe portare molte più medaglie dell’Atletica a Tokyo se avesse più risorse. In Inghilterra il n.1 della FIS sarebbe trattato come un principe. Da noi guarda con tristezza i soldi dati (senza ottenere medaglie) alla FIDAL. Per non parlare del nuoto, del presidente Paolo Barelli, che agli ultimi Mondiali ha sbancato. 

Basterebbe avere il coraggio di tagliare i contributi alle federazioni che non vanno mai alle Olimpiadi lasciando loro solo i soldi per le juniores, in attesa di tempi migliori, razionalizzando e gratificando chi vince di più, per avvicinarsi ai risultati del Comitato olimpico britannico. Sono sotto gli occhi di tutti: sarebbe sufficiente copiare. Il modello è semplice, come tutte le cose di buon senso che fanno gli inglesi: 27 ori, 23 argenti e 17 bronzi, per un totale di 67 medaglie in Brasile, dietro solo gli USA (121 allori complessivi). L'Italia galleggia in nona posizione, con appena 8 ori (non scende e non cresce, ma gli altri, come gli inglesi sono ormai nell'Olimpo dello sport mondiale, eppure hanno più o meno il nostro stesso numero di abitanti) 

Ogni quattro anni lo UK Sport (fondo britannico finanziato con i soldi della lotteria nazionale) decide come assegnare i contributi olimpici alle diverse federazioni collegate al BOA (British Olympic Association, guida dalla principessa Anna), stabilendo degli “obiettivi minimi” da raggiungere in vista delle Olimpiadi estive ed invernali (gli atleti di livello più alto ricevono finanziamenti personali). Gli sport che riescono a raggiungere o superare gli obiettivi, nel successivo quadriennio ricevono ancora più fondi: quelli che non li raggiungono, subiscono tagli o vedono perfino azzerati i propri contributi olimpici. E' duro, ma trasparente e ha una logica economico-sportiva. Da noi per essere "buoni" con tutti, si penalizzano le federazioni effettivamente forti (come nuoto, scherma e tiro).  

La cosa ancora più pesante è scoprire che, nell'ultimo ciclo olimpico (2012-2016), il BOA ha gestito 306,73 milioni di euro (fonte: CNN Money), praticamente oltre 114 milioni euro in meno del CONI. Quindi più vincente, anzi stravincente, e non pesa assolutamente sul bilancio dello Stato (i 420 milioni di euro del CONI invece arrivano dalle tasse dei cittadini, attraverso il MEF, azionista di maggioranza della Coni Servizi SpA). Che dire, bravi loro! Ma le federazioni olimpiche italiane (non tutte, ma diverse sì) stanno diventando un peso. E' inutile far finta di non vederlo...

Tags:
atleticaconi; fidal





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