Basta conflitti di interessi di agenti e conduttori in Rai, serve una legge
La Rai ogni anno mette in campo 145 milioni di euro per l’acquisto di format di intrattenimento, per comprare diritti, format e spesso anche la produzione parziale dei programmi. Una cifra monstre per un’azienda che può contare su oltre 11mila dipendenti a tempo indeterminato e centinaia di collaboratori, una storia decennale, la leadership di ascolti consolidata nel tempo, un capitale annuale di quasi 2 miliardi di euro di introiti garantiti che derivano dal canone dei cittadini, oltre la pubblicità, e tutte le risorse e professionalità per inventare e produrre in proprio format e trasmissioni.
Questi 145 milioni servono per l’acquisto di format internazionali, cui si accompagna spesso anche l’appalto esterno per la produzione, i compensi di conduttori e registi, le spese straordinarie relative a quei programmi. Appalti esterni che prevedono il pagamento di un compenso non di rado per far lavorare le stesse risorse e professionalità Rai. Un circolo vizioso difficilmente comprensibile, la cui unica certezza è la seguente: più aumentano i passaggi tra società, più aumenta il costo per la Rai, mentre qualcun altro incassa.
Questa cifra enorme di 145 milioni di euro viene chiamata “a utilità immediata”. Riguarda format internazionali come “Affari tuoi” (riadattamento da uno show inglese) che porta 7 milioni all’anno a Endemol , “Tale e quale show” (spagnolo) per 6,7 milioni annui sempre a Endemol, “Ballando con le stelle” (format britannico) per 6,6 milioni a Ballandi, “L’Eredità” (format italiano) per 4 milioni a Magnolia, solo per citare i più costosi.
Parliamo, quindi, di game show, intrattenimento quotidiano, reality che derivano da format nati sul mercato internazionale o comunque in grado di essere venduti anche sui mercati esteri.
In questa categoria di spese esterne della Rai rientra anche “Che tempo che fa”, la trasmissione condotta da 14 anni su Raitre da Fabio Fazio e ora passata su Raiuno dalla prossima stagione. Perché? Una scelta incomprensibile per alcuni motivi:
1. Con l’acquisto di “Che tempo che fa” la Rai non compra un format internazionale (la trasmissione va in onda solo in Italia) e non sembra comprare in realtà neanche un format specifico, perché la trasmissione prevede sostanzialmente una serie di interviste e performance artistiche;
2. La forza del programma di Fazio non è il format, che non sembra avere particolari peculiarità, ma gli ospiti di grande notorietà che vengono intervistati, molto spesso dietro il pagamento di ricchi cachet (come ammise l’ex ministro greco Varoufakis);
3. La nuova società “L’Officina” che produrrà parzialmente il programma è appena nata, quindi non ha alcuna specifica esperienza nella produzione di “Che tempo che fa” che va in onda da 14 anni, tanto che la Rai nelle risposte ad alcune interrogazioni parlamentari ha ammesso di essersi cautelata chiedendo a Fazio di essere il garante della buona riuscita dell’appalto; il conduttore diventa per la prima volta produttore di se stesso e dovrà anche garantire per gli altri.
Fabio Fazio è un conduttore di successo, in grado di portare valore aggiunto alla programmazione del servizio pubblico. Ma è possibile che in cambio di questo valore aggiunto la Rai debba non soltanto sobbarcarsi il compenso più alto di tutti nel servizio pubblico, ma anche pagargli i diritti di un format che non esiste, assegnare la produzione del programma in appalto parziale alla sua società che non ha alcuna esperienza essendo appena nata, il tutto garantito da un accordo blindato per ben 4 anni?
Se “Che tempo che fa” su Raiuno non funziona, se farà meno ascolti delle prime serate della rete ammiraglia e creerà un danno economico di introiti pubblicitari, Fazio e la sua società saranno comunque garantiti per 4 anni con un compenso milionario già fissato, mentre la Rai dovrà accollarsi l’eventuale aggravio di spesa e pagare le penali agli inserzionisti, visto che andrà in onda nel periodo di garanzia pubblicitaria.
Di fronte alla situazione di sprechi e di ingiusti guadagni con opachi passaggi di denaro tra società esterne, agenti, conduttori e titolari di format di cui abbiamo avuto la più chiara conferma nel contratto milionario per la trasmissione di Fazio, presenterò una proposta in parlamento che faccia diventare i principi contenuti nell’atto di indirizzo della commissione di Vigilanza contro i conflitti di interessi in Rai una vera e propria proposta di legge, che dia regole chiare al servizio pubblico e alla gestione dei soldi pubblici.
Michele Anzaldi