Consip, volevano intercettare il Fatto per reato di notizia
La sorpresa arriva dalle carte depositate al Tribunale del Riesame di Napoli che ha rigettato il ricorso contro la perquisizione del vicedirettore del Fatto, Marco Lillo. In cui si scopre che se il gip non avesse studiato tutto con attenzione, stoppando i pm, la Procura di Napoli avrebbe intercettato chi scrive, Lillo e il capitano dei carabinieri del Noe Gianpaolo Scafarto. Intercettandoci, volevano arrivare a individuare il responsabile della rivelazione del segreto d' ufficio avvenuta con la diffusione dell' informativa del Noe del 9 gennaio 2017 e dell' intercettazione del 2 marzo 2017 tra Matteo Renzi e il padre Tiziano Renzi. Atti richiamati in Di Padre in Figlio, il libro sul caso Consip scritto da Lillo, finito sotto inchiesta come fosse un corpo di reato, scrive il Fatto.
Il Riesame liquida in sole quattro pagine le numerose e approfondite ragioni di ricorso degli avvocati Caterina Malavenda ed Angela De Rosa, che verranno riproposte in Cassazione: in assenza di fatti concreti in appoggio a ricostruzioni generiche e solo apparentemente verosimili, è quantomeno discutibile che la Procura avrebbe potuto agire con perquisizioni e sequestri di computer e cellulari così invasivi ed estesi a terzi (l' ex moglie e la compagna di Lillo, l' art director del Fatto).