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Palazzi & potere

Che anno sarà per la politica italiana? Elezioni si o no?
Sarà un anno da cui ripartire da zero tutti. Il risultato elettorale ha risvegliato l’entusiasmo di molti cittadini e da quel punto, dalla forza di quel passaggio bisogna ripartire. A mio modo di vedere è difficile prospettare elezioni prima del 2018, per condizioni prima di tutto tecniche relative alla legge elettorale. Sarà un anno in cui tutte le forze (comprese quelle più accreditate da un punto di vista di sondaggi) dovranno confrontarsi con la realtà e con la possibilità di dare soluzioni al paese. In questo anno si dovrà prendere la consapevolezza che gli Italiani si aspettano una nuova concretezza dalla politica, soprattutto sul tema del contrasto al disagio sociale ed economico, nonché la capacità di saper progettare il nostro futuro industriale, sapendo guardare non al giorno dopo ma ai prossimi 20 anni.

In America arriva Trump; cambierà veramente qualcosa?
Che qualcosa cambi, almeno nei modi e nei metodi è indubbio, e già lo stiamo verificando. Che cambi davvero qualcosa da un punto di vista internazionale lo dovremo vedere nei fatti: Sono anni in cui abbiamo sempre più politici che promettono cose mirabolanti e dopo pochi mesi se ne vede la loro totale inettitudine e delle loro azioni. Importante sarebbe che le nuove politiche di Trump non facciano ricadere su noi europei costi (come un nuovo maggiore deficit degli USA, risultato tipico delle politiche repubblicane messe in campo da Regan, Bush sr e jr) che non ci dovrebbero competere.

L’Europa appare sempre più ad un bivio; cambiare o morire. È proprio così? E come dovrebbe cambiare?
È proprio così: ad ora anche l’impulso dato dalla Brexit non sta portando, forse per carenza delle leadership europee, molte in scadenza elettorale (emblematico è il caso di Hollande in Francia, con un consenso attuale inferiore al 10%). L’unico passo che può fare l’Europa intesa come cittadini e le istituzioni europee è quello di riprogettare il sistema, dando spazio a maggiori strumenti democratici (cambiando ad esempio la forma del parlamento europeo), insomma mettendo coraggio nelle azioni che possano portare ad affermare l’Europa come un key player internazionale. Al momento il solo Euro non sta portando a questo perché l’unione monetario non implica la creazione di una volontà politica mirata a raggiungere obbiettivi comuni: si guardi il caso della gestione dei flussi migratori, della Libia, della Cyber e della Difesa, dove ogni paese agisce come una singola entità a difesa dei propri interessi a discapito dei cosiddetti partner.
Di certo non si può pensare che l’unico sbocco è un unico motore a trazione tedesca perché questo decreterebbe definitivamente la morte dell’unione europea.

Negli ultimi giorni è scoppiato un grave scandalo legato al cyberspionaggio; qual è lo stato dell'arte in Italia e cosa bisognerebbe fare per evitare che tali vicende si ripetano in futuro?
Lo stato dell’arte è preoccupante perché al momento si scontano anni (almeno 4) di totale assenza di governance coordinata. L’introduzione nel 2013 da parte del governo Monti di una embrionale forma di gestione del mondo cyber, con un semplice regolamento, ha dato risposta alle pressioni che venivano da Bruxelles, senza però dare una concreta risposta a questa possibilità di sviluppo per il paese. Nel caso sulle cronache dei giornali di oggi, mi chiedo: cosa è cambiato dall’affare Tavaroli e Telecom ad oggi? Niente? Non è stato affrontato il problema da un punto di vista di intelligence, non da un punto di vista di responsabilità penale; il tutto è stato lasciato al quieto vivere, per poi accorgersi che qualcuno intercetta, che qualcuno usa la rete e i sistemi informatici per la raccolta di  informazioni.
Oggi, riprendendo la prima domanda, abbiamo una opportunità: lavorare per rendere organico e funzionale al futuro del paese il mondo della cibernetica. Il nostro paese, pur nella ristrettezza economica ormai strutturale, deve fare un salto di qualità: ha le risorse accademiche, industriali e dell’amministrazione pubblica per poter svoltare. Sta alla politica avere il coraggio di fare questi passi, senza voler per forza (come è stato durante il governo Renzi) voler dare manforte agli amici.
Dare un chiaro indirizzo e una chiara responsabilità agli organi di governo, con un corretto controllo parlamentare, farebbe diventare l’argomento non un tema di cronaca, ma un tema di rilancio del paese.

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cyberspionaggioartinicyber security





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