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Palazzi & potere
De Benedetti-Renzi-Popolari. Capezzone: se non è insider trading questo...

"Come si legge sui quotidiani stamattina, dagli atti giudiziari giunti alla Commissione Banche viene fuori la telefonata in cui Carlo De Benedetti, al telefono con il suo broker, dichiara di aver appreso da Renzi che il decreto sulle popolari sarebbe passato".

Cosi Daniele Capezzone, deputato di Noi con l'Italia, vicepresidente Acre, direttore New Direction Italia. "Se non è insider trading questo, ditemi cos'è l'insider trading... In tutte le sedi – pubbliche, private, orali, scritte – ho chiesto che la Commissione Banche audisse anche i vertici di Assopopolari e si occupasse a fondo della storiaccia del decreto renziano sulle popolari. La risposta è stata negativa. Quel decreto, non dimentichiamolo, è stato un intervento dirigista e illiberale: tale da favorire non la concorrenza ma un oligopolio bancario. Da sottolineare anche un dettaglio formale: il decreto fu varato in "vacanza" di un Presidente della Repubblica (Napolitano aveva appena lasciato), con funzioni vicarie esercitate dal Presidente del Senato Grasso, che (nonostante i suggerimenti e le puntuali osservazioni di molti, incluso – ultimo – chi scrive queste righe) firmò il decreto avallando senza fiatare le ragioni di straordinarietà e urgenza dell'intervento normativo… Aggiungo due cose.

La prima. Pur da posizioni di minoranza, com'è noto, presiedevo la Commissione Finanze della Camera ai tempi del blitz renziano. Pur rispettando doverosamente le prerogative della maggioranza, promossi audizioni, cercai di fare il possibile affinché (einaudianamente, appunto) ciascuno potesse "conoscere per deliberare", e magari ripensarci. In quel caso, ci fu un'audizione limpida e coraggiosa di Giuseppe Vegas, presidente della Consob, corredata da una rassegna stampa tutta da rileggere. Eppure fu largamente ignorata: calò uno strano silenziatore sulle osservazioni della Consob. E il Governo, quindi, andò avanti come un carro armato.

La seconda. Il carro armato aveva però molta sabbia nei suoi cingoli. Tuttora infatti molti aspetti della "riforma" sono sub iudice dinanzi alla Corte Costituzionale. E né i promotori renziani né i loro accompagnatori musicali sui giornaloni si sono mai troppo preoccupati di spiegare rischi e conseguenze di uno stallo (prevedibile) e di un'incertezza giuridica che in diversi avevamo paventato".

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