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Palazzi & potere
Democrazia e Pd: un emendamento per mettere a tacere il web

Per smentire una notizia, il diritto di rettifica non basta più: meglio chiedere direttamente di cancellarla. È la nuova, vecchia idea del parlamento per mettere il bavaglio a internet: una piccola richiesta al Garante della privacy e l' articolo sgradito scomparirà dal web.


Dal sito dov' era stato pubblicato, magari pure dai motori di ricerca e dai vecchi archivi digitali: svanito nel nulla, come non fosse mai esistito, scrive il Fatto. Anche perché tante piccole testate locali e blogger indipendenti non avranno le armi (anche economiche) per difendersi e resistere anche alle richieste più irragionevoli.


Proteggere i potenti dai terribili pericoli del web: quello della politica sembra quasi un chiodo fisso. Una norma, grosso modo identica, era già stata introdotta in prima lettura in Senato nella legge sulla diffamazione che porta il nome dell' ex ministro Enrico Costa e da quattro anni fa la spola tra Montecitorio e Palazzo Madama: proprio alla Camera, dopo le tante polemiche e le proteste del mondo dell' informazione, il "bavaglio digitale" era stato soppresso. Stefano Rodotà, peraltro ex Garante della privacy, due anni fa aveva parlato di "diritto all' oblio assoluto e senza contraddittorio", definendo il provvedimento né più, né meno che "un pericolo per la democrazia".


I senatori, però, sono recidivi: a distanza di tempo, in commissione Giustizia, è venuta fuori di nuovo la stessa idea, grazie ad un emendamento firmato dalla relatrice del provvedimento, la senatrice Pd Rosanna Filippin, che si è a dire il vero limitata a raccogliere un testo identico presentato da quasi tutti i partiti esclusi Articolo 1-Mdp, Sinistra Italiana e M5S . "Fermo restando il diritto di ottenere la rettifica o l' aggiornamento delle informazioni contenute nell' articolo ritenuto lesivo dei propri diritti - si legge nel testo - l' interessato può avanzare al titolare del trattamento, ivi compreso il gestore del motore di ricerca, motivata richiesta di eliminazione o di sottrazione all' indicizzazione dei contenuti diffamatori o comunque dei dati personali trattati in violazione di legge".
Cambia soltanto il destinatario della richiesta: prima era il giudice, adesso diventa il Garante della privacy. Ma l' obiettivo resta lo stesso: cancellare l' informazione sgradita. Ancor prima che venga stabilito se sia falsa o meno nell' unica sede deputata: un tribunale.


"Siamo alla censura preventiva", spiega Giuseppe Federico Mennella, segretario di "Ossigeno per l' informazione".

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