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Palazzi & potere
È di sinistra aumentare di un colpo e di ben il 33% il biglietto del tram?

La sinistra italiana sta prendendo scoppole politiche tali che avrebbero dovuto indurla, da tempo, a interrogarsi e a ripensarsi, per poi, se ce la fa, riconvertirsi. Invece, scrive Pierluigi Magnaschi su Italia Oggi, essa va avanti impettita, risoluta e diritta come il treno blindato Strelnikov che trasportava, in segreto, Lenin dalla Germania alla Russia, agli albori della rivoluzione sovietica. Nella iconografia rivoluzionaria di allora, il treno di Lenin, reso immenso (e perciò inarrestabile) dai pittori pompieristici dell'Urss, e nei film agiografici che ne sono seguiti, il treno, dicevo, attraversava, con una grande nube di fumo, l'indistinta e infinita pianura russa coperta di neve. Un mostro di acciaio nero, inarrestabile. Al suo interno, isolato da tutto e da tutti («blindato», appunto, come dice la tradizione) avanzava, non Lenin, ma l'idea stessa di Lenin. Un personaggio che non doveva analizzare ma fare, senza mai recedere o deflettere.

La sinistra italiana che è ancora blindata, non più nei suoi dogmi (quelli sono saltati per aria da tempo; ma non certo per merito suo) ma nelle sue giaculatorie finto buonistiche e vuotamente radical chic, si è, nel frattempo, trasformata in una sinistra Ztl. Una sinistra cioè dei centri storici, che non vede ciò che sta capitando alla gente comune, quella che usa i mezzi pubblici da località sempre più lontane del centro dove fa i suoi servizi, spesso mal pagati. Questa gente comune si allontana sempre più dal centro, non perché ama la campagna, come fanno finta di credere gli esponenti della sinistra Ztl, ma, molto più semplicemente, perché insegue le case che hanno affitti più abbordabili anche se queste sono sempre più lontane man mano che passa il tempo.

Conosco dei giovani laureati in buone università milanesi che vivevano dieci anni fa nelle case popolari dei genitori, povere ma dignitose e ben servite dai mezzi pubblici, dalle parti, ad esempio, per chi conosce Milano, di via Pezzotti. Sposandosi, hanno dovuto allontanarsi dal centro di Milano (dove lavorano) di 20 o 30 chilometri. Li ho incontrati recentemente in metropolitana (che uso regolarmente) e ho appreso che adesso vivono a 50 chilometri dal centro di Milano perché solo a quella distanza hanno potuto trovare un appartamento alla portata dei loro mezzi che, nel frattempo, anziché aumentare, come succedeva un tempo ai loro genitori, sono diminuiti. Questo ceto che più passa il tempo e più è spinto lontano dal centro, non rientra evidentemente nell'agenda del pur, per altri versi, bravissimo sindaco di Milano, Giuseppe Sala.

Decidere di aumentare, nel 2018, di un botto e del 33% il costo del biglietto dei mezzi pubblici a Milano, che è la città più cara d'Italia (anche se gli statali prendono lo stesso stipendio che ricevono i colleghi che vivono nei paesi meno cari d'Italia), è una scelta, magari anche motivata ragionieristicamente, ma pure assolutamente provocatoria sul piano politico e sociale, nei confronti dei poveracci che hanno fatto, tra l'altro, anche la scelta civica di lasciare a casa i mezzi privati per scegliere i mezzi pubblici, riducendo così l'inquinamento e l'intasamento.

Possibile che Sala non sappia che decine di migliaia di persone, nella sua giustamente orgogliosa e civile città, sono state licenziate, che altrettante sono in cassa integrazione, che altrettante ancora hanno accettato quello che un tempo si considerava una richiesta inaudita, e cioè la riduzione del 30 o 40% del salario o dello stipendio pur di conservare il posto di lavoro di fronte alla bufera economica che non raggiunge i bei palazzi ma che si tocca con mano negli altri ceti e negli altri quartieri?.

Tutti, oggi, nei ceti popolari, stanno tirando la cinghia. Spesso con grande dignità ma con non minore sofferenza. Molti, per sopravvivere, intaccano prima i loro modesti risparmi e poi quelli generosamente messi a disposizione dei loro genitori in pensione (che però non sono infiniti). Per capire queste cose non servono le statistiche dell'Istat. Se Sala e i suoi colleghi di sinistra andassero negli uffici troverebbero ad esempio un sacco di persone che oggi è munita della schiscetta che era il pentolino portato ogni giorno da casa dai metalmeccanici negli anni 50 e che sembrava essere un reperto del passato mentre oggi è ridiventato di uso comune.

Lo fanno non per una nostalgia vintage (come sono probabilmente indotti a pensare i radical chic da convegno sofisticato e pieno di slides che non gridano né piangono) ma perché chi lavora non può più permettersi, non dico il ristorante (che peraltro, adesso, per pranzo, fa anche dei piatti unici a 10 euro) ma nemmeno il bar. Il mio barista, ad esempio, mi ha detto che non solo ha perso molti clienti ma molti di quelli che gli sono rimasti attaccati, non acquistano più il cappuccino e la brioche ma solo il cappuccino, non per motivi dietetici, come gli suggerivo io, ma perché, molto più semplicemente, o scelgono uno o l'altro: «Col risultato che io dimezzo l'incasso» mi ha, poi, detto il barista che sa far di conto.

Che lo stato della sinistra meneghina sia disperante (per se stessa) lo dimostra anche la pagina Facebook del sindaco dove Sala ha annunciato la sua decisione di chiedere quello che lui dice essere «un piccolo sacrificio» e che non chiama nemmeno come un «aumento del prezzo» del biglietto ma, pudicamente ed eufemisticamente, come una «tariffa integrata», tanto per non farsi capire. In questa pagina si leggono le reazioni di centinaia di cittadini milanesi.

Tutti, anche se mi pare stupefacente, lodano sperticatamente la straordinaria decisione del sindaco. Molti si lamentano che questa iniziativa non sia stata assunta prima. C'è qualcosa che non funziona. O questa è una pagina sulla quale intervengono solo gli amici del sindaco. E allora l'entusiasmo lo si può anche capire. I loro quindi non sarebbero dei ragionamenti ma degli urrà da curva Sud. I tifosi, si sa, sopportano tutto. Oppure questa è l'opinione dell'apparato di sinistra. E, in questo caso, la situazione sarebbe ancora più grave perché spiegherebbe perché il Pd riceva sempre meno voti. E perché i loro votanti di un tempo si pieghino fino a votare Lega o grillini. Non aumentare del 33% il prezzo dei mezzi pubblici a Milano non è un modo volgare, sgangherato e fazioso per vincere le elezioni (è, questa, l'accusa che Sala rivolge nei confronti di Fontana, il presidente leghista della Regione Lombardia che vi si oppone) ma è il solo modo per poter guardare in faccia a chi i mezzi pubblici li sta usando.

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