Elezioni 2018: "Csm in mano a gruppi di potere". In tribunale sfida tra toghe
Elezioni 4 marzo 2018: Nomine contestate, processo dopo la querela. Oggi interrogatori incrociati
Quella che andrà in scena questa mattina davanti al tribunale di Roma non sarà una normale udienza di un normale processo per diffamazione. Perché l' oggetto del procedimento 58411/15 è l' annosa questione della politicizzazione della magistratura.
Perché sia l'imputato che la parte offesa sono due alti magistrati (uno in carriera, l' altro in pensione). E perché oggi entrambi saranno interrogati in udienza pubblica, scrive il corriere della sera.
I protagonisti del duello rusticano sono Bruno Tinti, già procuratore di Ivrea e procuratore aggiunto di Torino (sua l'inchiesta Telekom Serbia) poi autore di libri di successo come «Toghe rotte», e Arturo Soprano, 40 anni di carriera dalla pretura di Gavirate al Palazzo di giustizia di Milano. I fatti risalgono a tre anni fa, quando il Csm deve nominare il presidente della Corte d' appello di Torino. Soprano, allora presidente di sezione di Corte d' appello a Milano, si candida. A contendergli il posto è Piercamillo Davigo, ex pm di Mani Pulite, allora giudice di Cassazione. Il Csm sceglie Soprano a larghissima maggioranza. Tinti scrive sul «Fatto» un articolo che contesta la decisione.
Soprano non ci sta. Si rivolge all' avvocato Jacopo Pensa e sporge un' articolata querela, oltre 60 pagine allegati compresi. Lamenta che l'articolo di Tinti, «da me mai conosciuto e mai incontrato», sia «altamente diffamatorio, gettando ampio discredito su di me, sia come persona sia come magistrato nonché sferrando un duro attacco al mio onore e al mio decoro professionale (...) con il chiaro scopo di screditarmi e svalutarmi». Trattasi, sostiene Soprano, di «un attacco gratuito alla sfera morale della mia persona» a colpi di «accostamenti allusivi e denigrazioni intollerabili».
Argomenti che oggi Soprano ripeterà in tribunale. Poi toccherà a Tinti difendersi.
Con una memoria, continua il corriere della sera, altrettanto corposa, firmata dal suo difensore Gian Maria Nicastro, e poi nell' interrogatorio in cui sosterrà che Soprano non deve offendersi per essere stato definito «magistrato ordinario» e non «eccezionale» come Davigo, perché il suo obiettivo polemico era «la degenerazione correntizia del Csm», in mano «a gruppi di potere» che attuano «una gestione clientelare dei propri adepti» spartendosi gli incarichi.