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Palazzi & potere
ELEZIONI 2018: L’AMBIENTE E’ FUORI DALLA CAMPAGNA ELETTORALE

In campagna elettorale non ci sono regole. Si è liberi di fare proposte, di trovare soluzioni a tutto che puntualmente, post elezioni, non saranno messe in atto. Si usano parole forti, toni alti, fino a scadere negli insulti. L’importante è conquistare nuovi elettori, convincere gli indecisi, mai così tanti come questa volta. L’unica cosa davvero non accettabile è tacere di fronte alle sfide del futuro. Le vere sfide. Ma sulle tematiche ambientali si tace o, comunque, si parla poco. Non è forse una delle questioni più importanti per l’Italia e il mondo intero?

E invece non sembra affatto così: l’argomento è affrontato con superficialità nelle tribune politiche come se immigrazione, lavoro, sanità e crescita economica potessero essere trattati senza tener conto della questione ambientale.

 

IMMIGRAZIONE

Per essere chiari: nel caso in cui l’accordo di Parigi fallisse o fosse raggiunto parzialmente, la drammatica desertificazione già in atto tenderebbe ad accelerare e i fenomeni climatici estremi ad aumentare (alluvioni, ondate di gelo, siccità, uragani) sia in intensità che per frequenza. Oggi in prima pagina c’è Burian, il vento gelido che fa crollare le temperature, tra qualche settimana toccherà di nuovo a siccità e crisi idrica. In Italia il 21% della superficie è già deserto, al sud siamo al 41% con picchi del 70% in Sicilia. Su scala globale il fenomeno appare ancora più grave: due miliardi di persone vivono in zone aride dove non è possibile coltivare nulla e l’acqua scarseggia. Così diventa difficile persino mangiare e bere e l’unica possibilità di sopravvivenza è spostarsi. E’ l’immigrazione climatica: entro il 2050 potrebbe riguardare da 250 a 500 milioni di persone. A quel punto il fenomeno migratorio diventerebbe incontrollabile, l’accoglienza impossibile e le politiche difensive inefficaci.  Salvare il clima vorrebbe dire “aiutarli a casa loro” ma la comunità scientifica è stata chiara: il tempo è scaduto. O si agisce subito oppure sarà tardi. Il primo obiettivo è un ripensamento delle politiche energetiche in cui anche l’Italia deve fare la propria parte. Riduzioni dei consumi, abbandono progressivo delle fonti fossili e conseguente transizione verso le rinnovabili sono le direttrici da seguire. Questo porterebbe all’abbattimento delle emissioni di CO2 e di altri gas climalteranti che sono la vera causa del global warming.

 

LAVORO E CRESCITA ECONOMICA

I grandi cambiamenti provocano disorientamento e paure. Chi ha lavorato una vita nel settore petrolifero o in quello delle automobili tradizionali deve adattarsi ai nuovi scenari. Uno choc? Forse, ma il fenomeno è irreversibile. Meglio governarlo che subirlo. La politica ha questa responsabilità. La Strategia Energetica Nazionale 2017 ha ufficializzato l’abbandono del carbone entro il 2025 e forti investimenti nel trasporto elettrico. Entro il 2030 – si legge nel documento - circoleranno nelle strade italiane 5 milioni di auto elettriche. Nel mondo, si passerà in venti anni dagli attuali 2 milioni di veicoli elettrici a 600 milioni. Una rivoluzione. Compariranno nuove figure professionali: esperti di sistemi di accumulo e di motori elettrici, costruttori e gestori di stazioni di ricarica (in Italia sono ancora poche: appena 9000 di cui 7500 private). Benzinai, autotrasportatori di combustibili e meccanici tenderanno a sparire. Altro esempio: anche l’industria tessile è destinata a rivoluzionarsi. Non si può continuare così, lo dicono i numeri: l’intero comparto ogni anno consuma 93 miliardi di metri cubi,  provoca emissioni di CO2 per circa 1,2 miliardi di tonnellate e sversamenti di fibre di microplastica negli oceani per circa  500mila tonnellate. Servono nuove idee. Un esempio? L’orange fiber: il nuovo tessuto vitaminico con cui realizzare capi d’abbigliamento ricavato dagli scarti delle arance. E’ ecologico, economico e soprattutto sostenibile.

 

SALUTE

La politica non può tacere o limitarsi a fare l’elenco dei buoni propositi. Gli effetti di politiche ambientali sbagliate o assenti non sono solo su immigrazione, lavoro e crescita economica. Sullo sfondo c’è una vera emergenza sanitaria. L’OMS ha certificato che nel 2015 (l’ultimo dato ufficiale reperibile in rete) l’inquinamento ha provocato 9 milioni di vittime: il triplo di quelle causate da Aids-tubercolosi-malaria e addirittura 15 volte superiore a quelle causate dalle guerre. In Italia le sole vittime dell’aria sporca sono 90 mila l’anno. Ma prima di morire purtroppo ci si ammala. Ogni anno si spendono per la sanità pubblica più di 100 miliardi (117 mld€ nel 2015 pari al 7,2% del PIL italiano) e di questi più di un terzo sono utilizzati per combattere le malattie da inquinamento. Ancora non convinti che l’ambiente sia sottovalutato dagli aspiranti leader politici?

Ecco un ultimo dato: le polveri sottili sembrano essere la causa principale (almeno nel 60% dei casi) dell’infertilità in Italia. Il numero di spermatozoi nel liquido seminale degli uomini italiani, dagli ultimi anni 80 ad oggi, si è dimezzato e il fenomeno è destinato ad aggravarsi.

 

Un modo per rimediare ci sarebbe: formare una coscienza critica comune e capire che “con l’ambiente si può mangiare”, può essere un’opportunità di occupazione ma di inquinamento si può anche morire. La politica, purtroppo per noi, pare che ancora non l’abbia capito.

 

 

 

 

 

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