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Palazzi & potere
Elezioni 2018, Matteo Renzi è pronto per il nuovo partito. Ecco come

Nel Pd sta per scoppiare "la guerra civile", il barometro a poche ore dal voto già segna tempesta, scrive Il Tempo. "Se dopo il 4 dicembre abbiamo sbagliato a dargliele tutte vinte stavolta non rifaremo più lo stesso errore; in molti stanno già uscendo allo scoperto e nelle prossime settimane si spera che anche pezzi della maggioranza renziana del partito prendano coscienza che così non si può più andare avanti".

Questi sono gli umori in queste ore all'interno del Partito Democratico ed appare sempre più chiara la strategia di Matteo Renzi: un 'congresso lampo' per poter ribadire velocemente la sua leadership, l'ennesimo congresso con il "rito abbreviato" che come accaduto già nei mesi scorsi gli consentirebbe di' vincere facile' dato che controlla in maniera assoluta gli organismi dirigenti del partito e quasi il 100% dei nuovi eletti.

"La strategia di Matteo Renzi è esattamente questa", spiegano fonti interne al partito, "ha lanciato 'dimissioni fake' dimissioni non effettive per prepararsi invece ad un rapido congresso, un congresso lampo, che non darebbe la possibilità all'opposizione interna di organizzarsi contro di lui così come non lascerebbe tempo ai suoi fedelissimi di mollarlo". Questa è la vera strategia del segretario dem.

Insomma, continua Il Tempo, taglierebbe le gambe ad ogni opposizione interna (favorendo ulteriori fuoriuscite di personalità politiche sgradite) con la quasi certezza di essere di nuovo eletto segretario Pd pronto per le europee che ci saranno tra un anno. Matteo Renzi vuole dare l'ultimo colpo di grazia al Pd, vuole tramutarlo definitivamente in PDR (Partito di Renzi) ben sapendo che uscendo dal partito troverebbe solamente il nulla.

C'è poi un altro punto sul quale fa affidamento Matteo Renzi, si fa notare all'interno del partito: i voti che inevitabilmente, prima o poi, saranno in libera uscita da Forza Italia. Il PD, una volta mutato geneticamente in PDR non avrebbe problemi ad aumentare i propri consensi cercando di guadagnare i voti centristi in uscita, tattica alla quale in futuro guarderà anche l'altro Matteo, Salvini.

Ma c'è di più perché fonti autorevoli rivelano che rimanere sulla tolda di comando del partito nella fase calda di dialogo con il Quirinale, di scelta dei presidenti di Camera e Senato e poi delle decisioni sul futuro governo gli consentirebbe anche di avere a disposizione un piano B: ottenere la presidenza di una delle due camere, in particolare quella del Senato, oppure un ministero pesante nel un prossimo governo se dovesse esserci spazio anche per il Pd. C'è chi giura che a Matteo Renzi non dispiacerebbe affatto fare il ministro degli Esteri. Questo in cambio della definitiva uscita di scena dal partito.

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