Femminicidio: cronache di morti annunciate
Femminicidio, sono morti annunciate
Sono morti annunciate, i femminicidi. Gli omicidi di donne da parte di mariti, compagni, fidanzati o ex. Bisogna parlarne, perché è un bollettino di guerra quello che leggiamo quasi giornalmente. E colpisce la sequela di indizi, di dettagli, di accadimenti che avrebbero potuto far presagire l’epilogo tragico.
Anche questa è una questione più che di merito, certamente di competenza. Il più delle volte un’analisi più attenta, meno superficiale di taluni atteggiamenti avrebbe dovuto consigliare di far curare quello che poi si rivelerà un’assassino. Non derubricare a fatti caratteriali comportamenti evidentemente ossessivi, malati. E, invece, ancora oggi è insopportabile l’idea dell’ammissione della malattia mentale perché ancora legati al concetto di inconoscibilità e, quindi, di incurabilità della mente umana.
Non bastano i proclami sull’amore che non è possesso occorre altro, molto altro. Occorre insegnare l’educazione sentimentale nelle scuole, occorre una maggiore osservazione di segnali che devono far presagire progetti fatalmente violenti. E intervenire, in tempo, prima. Prima che la gravità della malattia, prima che la patologia si indirizzi verso una violenza senza limiti e senza rimedio.
E non bisogna coprire con l’indifferenza, con il minimizzare, con il celare, da parte delle donne che subiscono violenze ancorché solo verbali o psicologiche, chi gliele infligge come fosse una propria colpa, una propria responsabilità. Parlare è una misura salvifica, ma lo è anche ascoltare e agire di conseguenza. Prima.
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