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Palazzi & potere
Francia, Macron precipita nei sondaggi elettorali

Il presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, che nel suo delirio di onnipotenza dei suoi primi giorni all'Eliseo, si faceva chiamare dai suoi Jupiter, Giove, «ha perso il tocco di una volta», fa trapelare un suo ministro che dice il vero, pur nascondendosi dietro l'anonimato, scrive Pierluigi Magnaschi su Italia Oggi. Il suo esibito antagonista da sinistra, Jean-Luc Mélenchon, è ovviamente più esplicito. Ha infatti twittato: «Questo di Macron non è un rimpasto ma una frana, quella dell'autorità del presidente». Per capire come nei 17 mesi della sua presidenza Macron abbia liquidato gran parte del capitale di fiducia che lo aveva portato trionfalmente all'Eliseo, basti confrontare come egli formò rapidissimamente l'intero governo, quando assunse la massima carica istituzionale francese nella primavera del 2017 e confrontarlo con ciò che è riuscito a raffazzonare adesso per rammendare le dimissioni di alcuni suoi ministri di gran peso.

Macron infatti, entrato in funzione il 14 maggio del 2017, nominò il suo primo ministro, l'allampanato Edouard Philippe, il giorno dopo. E l'intero governo vide la luce, a ranghi completi, solo due giorni dopo ancora. Allora infatti Macron era nel pieno del suo potere. E lo usava con grande decisione e rapidità. Da Jupiter, appunto.

Da allora però il suo stile si è rapidamente appannato tant'è che, per fare un semplice rimpasto del suo governo, rimpasto che ha visto la luce ieri, Macron ha dovuto impiegare due settimane di «estenuanti trattative, meditazioni, ripensamenti e tergiversazioni», come ha sottolineato l'editorialista Gérard Courtois del quotidiano Le Monde. Il decisionista Macron, che sfondava le pareti e abbatteva tutti gli ostacoli come se fosse un Nembo Kid educato all'Ena, si è messo a camminare sulle uova come un doroteo qualunque.

Il declino del prestigio di Macron e della sua presa sull'elettorato viene implacabilmente rappresentata anche dai sondaggi che lo descrivono in caduta libera. Pascal Perrineau, docente all'università di Sciences Po e ricercatore alla società demografica Cevipof, ha individuato tre successive fasi nel capitombolo presidenziale. Prima, Macron ha perso le classi popolari, poi quella dei pensionati e, dopo l'ultimo rientro dalla vacanze estive, ha perso anche quella dei giovani. In sostanza, sono le cosiddette classi medie che lo hanno abbandonato.

Questa tendenza trova una sonora e drammatica conferma anche nell'indice di popolarità di Macron che, partendo dal 62% del maggio dell'anno scorso, si è rattrappito nel 29% di un mese fa. Nessun presidente francese di quest'ultimo dopoguerra era precipitato con questa velocità. Solo il precedente presidente francese, il socialista François Hollande, aveva messo a punto un 23% di gradimento contro l'attuale 29% di Macron. Ma questo basso livello, Hollande l'aveva raggiunto alla fine del suo quinquennato e non dopo solo 17 mesi di presidenza come oggi Macron.

A questo proposito va rilevato che Hollande, dopo aver constato che, alla fine del suo mandato, aveva una popolarità rasoterra, del 23%, e rendendosi conto che da quel bassissimo livello non sarebbe mai riuscito a risalire, preferì non provocare l'elettorato, per cui rinunciò a ripresentarsi alle elezioni presidenziali anche se in Francia c'è la tradizione che il presidente uscente si ripresenti nelle elezioni successive.

Come mai l'arrogante Macron sta facendo peggio dell'inconsistente Hollande? Non piace ai francesi il suo modo di governare. Ha infatti inondato di discorsi il suo elettorato (più di uno al giorno, con un stile logorroico da far cadere le braccia) riuscendo però a combinare ben poco sul lato pratico. Ha suscitato speranze che poi ha regolarmente deluso. Approfittando dell'eclisse pre e post elettorale della Merkel in Germania, ha cercato di farle le scarpe sul piano internazionale girando freneticamente il globo nella speranza di connotarsi come Mister Europa, abito, questo, che gli va stretto. Ovviamente questo suo comportamento ha infragilito il suo rapporto con la Germania che è quello che, sul piano internazionale, lo tiene in piedi. Ha flirtato con Trump quando, subito dopo il suo ingresso alla Casa Bianca, era evitato da tutti nel mondo, invitandolo, come unico leader di primo piano, alla francesissima sfilata militare sui Campi Elisi. Ma, quando si è trattato di quagliare qualcosa nel suo rapporto con Washington (che Macron descriveva come privilegiato), è sempre tornato con le pive nel sacco quando non è stato addirittura rimbrottato in pubblico com'è successo in occasione dell'ultimo G7.

Un Macron ammosciato è utile per l'Italia che, soprattutto con il governo legapentastellato, che presta il fianco a molti attacchi, sarebbe stato messa nel mirino del presidente francese che, non potendo sculacciare i francesi (perché adesso lo manderebbero a quel paese), se la prende con gli italiani, suoi vicini di casa. La tradizionale ostilità francese contro l'Italia prosegue ovviamente con un pericoloso pacchetto di mischia rappresentato dalla presidente del Fondo monetario internazionale, Fmi, Christine Lagarde; dal commissario europeo agli affari economici Pierre Moscovici, e dal capo delle trattative sulla Brexit, Michel Barnier. Ma con un Macron svogliato alla loro testa, il loro lavoro di sfondamento manca di efficacia. Anche se si fa ancora sentire.

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