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Palazzi & potere
Gilet gialli: soltanto il web riesce a farti capire cosa accade veramente
Gilet gialli a Parigi (foto Lapresse)

Sulla rivolta dei Gilet gialli in Francia sono state scritte migliaia di pagine di giornali e sono andate in onda un sacco di ore di trasmissioni televisive. Spesso però si è trattato di descrizioni approssimative e comunque edulcorate e di analisi senza guizzi interpretativi, ispirate al solito politically correct che non si sforza di capire i fatti ma si impegna a renderli indifferenziati. Ma il web sta cambiando, scrive Pierluigi Magnaschi su Italia Oggi. Cambia se stesso e sta cambiando tutto ciò che viene con esso in contatto. Sulla rete infatti, accanto a moltissima banalità o a sciatteria e volgarità, si esprimono anche molti giovani dotati di straordinarie capacità professionali, costruite da autodidatti, in base alle loro attitudini e impegno.

Grandi giornali e grandi tv non assorbono più nessuno da tempo. Ce la fa ad entrare solo qualche raccomandato. Un po' per la crisi e un po' per l'assenza del ricambio che, in certi àmbiti, corrisponde a una vera e propria blindatura, le generazioni più giovani, da almeno vent'anni, vengono tenute fuori dal recinto di chi conta, o di chi potrebbe contare.

Chi oggi avesse le doti per poter entrare e brillare nei grandi media non riesce a farlo perché, come si diceva un tempo sui tram, «i posti sono già tutti occupati, circolare, non spingere». Costoro quindi si rassegnano allo strapuntino del web, che spesso è gratuito. Su di esso, per quanto scomodo, essi riescono spesso a confezionare prodotti di altissimo livello professionale.

Prendiamo il caso dei Gilet gialli. Circolano da qualche tempo sul web due splendide inchieste televisive, entrambe rigorosamente anonime, costruite montando, con grande senso del ritmo e della narrazione, le più choccanti sequenze fatte dalle parti dei Campi Elisi, a Parigi. I due video obbediscono a due logiche politiche diverse. Una è verosimilmente di destra, visto che riprende solo i casi di saccheggio e svaligiamento operati dagli insorti. Il secondo invece è di sinistra perché punta la sua attenzione solo sulle violenze compiute dai poliziotti contro i manifestanti. I due video, visti assieme, danno una sintesi realistica, oltre che efficace, di ciò che è realmente avvenuto a Parigi.

Nel video di destra, diciamo così, si vedono solo giovani che spesso indossano tute nere e sono sempre incappucciati . Si muovono in gruppo per incendiare auto, sfondare vetrine, saccheggiare negozi di lusso. Nessuno dei loro gesti è sprecato. Anche se non lo dice nessuno, si vede perfettamente che non sono dei Gilet gialli occasionali, dei manifestanti della domenica, insomma. Ma sono degli infiltrati fra i dimostranti. Sono cioè degli insurrezionalisti perfettamente addestrati alla guerriglia, dei professionisti tipo i nostri sovversivi da centri sociali, che conoscono le tecniche militari. Le loro devastazioni sono enormi. Dietro di loro, niente sta più in piedi o rimane in sesto. Sono infatti efficacissimi e addestrati specialisti della distruzione e del saccheggio. Posseggono doti (disdicevoli) che però non si improvvisano.

Nel video di sinistra, diciamo sempre così, si vede invece la polizia nelle sue azioni di forza che spesso sono violente e si esercitano sovente sui più deboli fra i manifestanti. Ad esempio, una ragazzina minuta e visibilmente anoressica ma anche molto arrabbiata, immaginando di essere a piazza Tienanmen davanti ai carri armati con la stella rossa, sfida un fronte di poliziotti, vestiti da guerrieri di Guerre stellari. A uno, che le sta davanti a 20 centimetri dal naso, grida: «Figlio di puttana!». La ragazzina prende un uppercut che non si sa da dove venga, ma che la solleva da terra, scagliandola indietro di qualche metro dove cade a terra e ci rimane immobile, senza un gemito.

Un'altra sequenza che ti fa trattenere il fiato è una massiccia carica di polizia fra la nebbia dei lacrimogeni che, nella sua corsa su un viale, investe la carrozzella di un invalido, che finisce in pezzi. L'invalido, da parte sua, rotola sull'asfalto come se fosse un pupazzo di stoffa.

È guardando entrambi e contemporaneamente questi filmati che si capisce che cosa sul serio è successo a Parigi. Le tv, non solo le nostre ma di tutto il mondo, di quegli scontri ne hanno dato una visione annacquata, diluita, omeopatica. Un po' perché fanno sempre così. Ma anche perché, bisogna pur dirlo, i cameramen dei grandi enti televisivi non hanno voglia di rischiare per riprendere ciò che sta succedendo. Invece per chi lavora per costruire questi video amatoriali non è nemmeno necessario che si avvicini ai luoghi dello scontro perché, spesso, fa parte degli scontri stessi.

Qual è la sintesi interpretativa che si può trarre da questi video e dalle vicende che essi ritraggono? La prima conclusione è che si è trattato di una vera e propria guerriglia. Di fronte ai professionisti della violenza, lo Stato francese, dopo essersi limitato a guardare per qualche giorno, nella speranza di contenere e far sfogare la violenza della folla calata a Parigi, ha cambiato atteggiamento, e persino l'abbigliamento e le dotazioni. Da un certo momento in poi, infatti, a chi bruciava e saccheggiava Parigi, il governo francese ha opposto la forza della legalità. La ragazzina che dava del «figlio di puttana» a un poliziotto ha ricevuto la reazione che lei non prevedeva ma che meritava. Al paraplegico in carrozzella che è stato investito da una carica della polizia è capitato quello che gli sarebbe successo se avesse attraversato un'autostrada con la sua carrozzella.

Il risultato di questo intervento musclè, brutale, della polizia francese è stato però la quasi immediata fine degli incendi, delle distruzioni e dei saccheggi. Anche perché il 95% dei manifestanti era composto da persone pacifiche che avevano sfilato compostamente, accanto alle (ma non nelle) vie messe a ferro e a fuoco dagli insurrezionisti.

A questo punto resta sicuramente intatto il problema sociale che ha fatto nascere il movimento dei Gilet gialli. Ma ha dei vistosi bitorzoli sulla testa l'inaccettabile movimento insurrezionale. Col primo (fronte sociale) si deve trattare, con il secondo (fronte insurrezionale) bisogna invece solo reprimere, osservando la legge, ma senza falsi buonismi. L'opposto che in Italia.

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