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Palazzi & potere
Governo, Tria non fa sconti: pronto anche alle dimissioni
Foto IPA

Due indizi fanno una prova? Non è dato saperlo. Certo è che i maggiori azionisti del governo, i detentori della golden share, Luigi Di Maio e Matteo Salvini, già erano rimasti abbastanza scossi dall'intervista del ministro dell'economia Giovanni Tria al Corriere della Sera ed ora lo sono ancora di più dopo quanto dichiarato dal professore di Tor Vergata in Parlamento in occasione della presentazione del Def, il documento di economia e finanza del paese, scrive Italia Oggi.

I due partiti che appoggiano il governo, Lega e M5s avevano già vissuto con una certa ansia l'intervista rilasciata al Corriere della Sera perché dalle parole del neo ministro si era avuta forte l'impressione che l'ex rettore di Tor Vergata fosse pronto a tutto, forse anche alle dimissioni qualora non ci fosse la volontà di rispettare gli equilibri di bilancio. Ma soprattutto vuole che venga rispettata a tutti i costi la sua autonomia con buona pace del «contratto di governo». Insomma, Tria è deciso ad agire in totale autonomia dai partiti di maggioranza e semmai a fare riferimento solamente a Giuseppe Conte e al Quirinale: «Questi sono i suoi due veri punti di riferimento, le sue stelle polari» spiegano ambienti della maggioranza di governo. Salvini ha già mangiato la foglia: «È come Padoan, altro che ministro del cambiamento» si sarebbe lasciato scappare coi suoi più stretti collaboratori.

È da capire dunque quanto potrà durare l' «equivoco» e quanto Luigi Di Maio e Salvini, detentori della vittoria elettorale e redattori, soprattutto, del contratto di governo, saranno disposti ad aspettare prima che i sogni possano trasformarsi in concreta realtà. E certamente nemmeno la presentazione del documento di programmazione economica e finanziaria può averli tranquillizzati. Infatti anche in questa occasione, Tria è stato tanto netto quanto esplicito ed ha riportato tutti con i piedi per terra.

Va bene chiedere più flessibilità all'Europa, evitare l'aumento dell'Iva e delle accise, aumentare gli investimenti pubblici, ridurre la pressione fiscale e sostenere i redditi più bassi. Ma la crescita italiana non riparte, ha detto il ministro, anzi scende rispetto alle previsioni e i parametri quindi, soprattutto sul debito, vanno rispettati assolutamente. Dalle parole di Tria si capisce che sui temi vincenti della campagna elettorale targata M5s e Lega (reddito di cittadinanza, flat tax e riforma della legge Fornero) se ne riparlerà (forse) in autunno e nell'ambito della compatibilità di bilancio, in modo che il debito/pil avvii la discesa. Questa è la «condizione essenziale» posta dal ministro che difficilmente potrebbe però essere raggiunta adottando riforme a grande impatto di spesa come quelle promesse in campagna elettorale. Insomma, la resa dei conti tra gli azionisti di maggioranza del governo, Di Maio e Salvini, e il ministro dell'economia sostenuto da Conte e dal Quirinale è soltanto rinviata.

Per molti all'interno della maggioranza è ben più di un impressione che il ministro dell'economia non voglia deflettere dai propri intendimenti e che sia disposto persino a dimettersi se non verranno rispettati i vincoli e le regole europee.

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