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Palazzi & potere
Il futuro è nel segno della cyber intelligence

Ci sarà sempre più bisogno. Lo sostiene Mario Caligiuri nel suo ultimo libro edito da Donzelli

Mario Caligiuri è stato tra i primi, alla fine degli anni Novanta, a portare lo studio dell’intelligence nelle aule universitarie italiane. Allievo ed amico di Francesco Cossiga, ne curò il prezioso volumetto, oggi introvabile, “Abecedario. Guida per principianti, politici e militari, civili e gente comune”, pubblicato nel 2002 dalla Rubbettino e firmato dal presidente emerito con la qualifica di “dilettante”, nel senso che il testo lo aveva scritto per diletto. Ed è stato proprio grazie a Cossiga che Caligiuri, ha avviato nel 2007 il primo master in intelligence di una università pubblica italiana, la cui sesta edizione è stata appena varata con la presentazione delle domande che avverrà entro il 30 ottobre 2016. Ed ha già pronta una nuova sorpresa, in quanto sta già organizzando, presentandolo in occasione dei cento anni della nascita dello statista democristiano, un convegno internazionale sul tema “Aldo Moro e l’intelligence”. Dopo numerosi volumi scritti e curati sull’argomento, adesso ha recentemente pubblicato per Donzelli il volume “Cyber Intelligence. Tra libertà e sicurezza”, che è stato presentato anche a Lector in Fabula a Conversano, festival della lettura sostenuto dalla Commissione Europea.


Perché ha affrontato questo tema?
Perché è il tema del presente e del futuro. Nella cyber intelligence convivono due logiche opposte ma indispensabili. Da un lato l’intelligenza degli avvenimenti, dote prettamente umana, dall’altra le tecnologie, che fanno parte del nostro modo di vivere condizionando comportamenti e percezione della realtà. Questo tempo richiederà sempre più intelligence per comprendere non solo dove stiamo andando, ma soprattutto di capire dove realmente siamo.

Cosa si profila nei prossimi anni?
Nei prossimi anni sul nostro pianeta la popolazione virtuale sarà maggiore di quella reale e nel 2020 ci saranno 50 miliardi di apparati connessi ad internet, praticamente quattro volte la popolazione mondiale. Questo imporrà agli Stati la necessità di strumenti adeguati per coniugare libertà e la sicurezza. In tale quadro la Cyber Intelligence rappresenta uno strumento fondamentale, poiché gli scontri economici, politici, finanziari, culturali avverranno principalmente attraverso la Rete, che si trasformerà sempre di più anche in un campo di battaglia, dove sopravvivranno i più attrezzati.

Una prospettiva che può essere anche inquietante. E a cui si aggiunge la dimensione del web oscuro.
Il web oscuro è almeno 500 volte più grande dell’internet visibile. A ciò si aggiunga che  si possono monitorare oltre il 70 per cento delle chiamate telefoniche mondiali, attraverso le parole chiave. In tale dimensione, la privacy è di fatto inesistente: osservando i numeri di telefono si possono prevedere gli spostamenti futuri al 90 per cento e le telefonate successive con un’accuratezza del 98 per cento.  Per non dire delle tracce che lasciamo sui social network dove dai like che lasciamo si possono comprendere le inclinazioni sessuali, le tendenze politiche, i gusti culturali, i consumi commerciali, la nostra capacità di reddito. Inoltre, basta un click per destabilizzare una multinazionale, interrompere le trasmissioni da un satellite spia e  truccare le elezioni.


Esistono antidoti?
Non so. In ogni caso occorre rendersi conto che più aumentano i poteri delle tecnologie più c’è bisogno dell’insostituibile fattore umano per dare un’anima alle informazioni e disvelare le menzogne della disinformazione, dove, come aveva ben intravisto Hanna Arendt, la verità viene ridotta a mera opinione. E jon a caso le sue riflessioni erano ij conseguenza dei “Pentagon Papers”, i documenti che svelavano come il governo statunitense avesse sistematicamente mentito sulle notizie della guerra in Vietnam, non tanto per motivi militari, politici o economici, ma per sperimentare attraverso la comunicazione la costruzione della realtà attraverso i media. La scomparsa dei fatti con la verità ridotta a mera opinione.

Da dove ripartire, dunque?
Occorre ricostruire la democrazia e prima ancora la realtà. Una possibilità è ripartire dalle parole, dal loro significato autentico e profondo, abituando a un’intensa attività di lettura e scrittura, in modo da consentire un utilizzo consapevole dei social media, dove oggi le persone costruiscono le loro personali identità, e cioè al di fuori di sé. La scuola, soprattutto quella di base, in questo avrebbe una funzione decisiva, oggi più di ieri. Ma se viene ridotta ad ammortizzatore sociale, simulacro, luogo comune rischia di servire davvero a poco. Eppure l’alternativa è sempre più secca: o l’educazione o il disastro.

Per orientarsi nel futuro che verrà, esistono professioni emergenti?
Probabilmente una delle professioni più necessarie del futuro sarà quella dei data scientist, degli scienziati dei dati. sii tratta di figure che siano in grado di sommare competenze molteplici poiché si tratta di acquisire, organizzare ed elaborare le informazioni per poi saperle comunicare a tutti o in modo mirato a chi deve decidere. Più che una professione, si potrebbe parlare di un team, cioè di un insieme di professionisti che possiedano abilità e pratiche multidisciplinari.


In questo quadro, c’è quindi ancora spazio per il fattore umano?
Per forza, nonostante i robot sono destinati a svolgere tutta una serie di mestieri e professioni svolte finora dall’uomo. In definitiva, c’è bisogno di intelligenza umana nell’era delle tecnologie perché gli algoritmi non sempre forniscono le risposte giuste.

Qual è in definitiva il messaggio che intende proporre con questo libro, il primo che affronta questo tema da un punto di vista scientifico e culturale?
In questo libro ho cercato di affrontare in modo discorsivo e con tanti riferimenti, scientifici e culturali, un tema secondo me sempre più determinante. L’intenzione è quella di stimolare un profondo cambio di mentalità e di cultura per comprendere prima e contenere poi fenomeni decisivi, che rischiano di indebolire in modo definitivo la civiltà occidentale. C’è bisogno, quindi, di rafforzare la democrazia, per contrastare la criminalità organizzata e combattere il terrorismo islamico. Oggi però bisogna avere bene in mente che il sapere, che un tempo si identificava con la conoscenza del passato, è diventato la capacità di prevedere il futuro. Intelligence, appunto.

Tags:
cyber intelligencesicurezza digitale





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