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Palazzi & potere
Il Pd tassa i manager pubblici che nomina. Perchè Renzi non dice stop?

Un regolamento interno obbliga gli amministratori indicati dai dem a versare un contributo che può arrivare al 30 per cento della retribuzione. Ma è necessario anche seguire un codice etico e la linea imposta dal partito.

In gran parte dell' Italia la tassa è del 10%. In qualche provincia oscilla fra il 15 e il 18% A Mantova però c' è lo sconto: 8%. In Veneto va ancora più di lusso: 6%. A Siena invece è una mezza tragedia: 30%. Un manager pubblico deve stare attento alle composizioni delle giunte comunali, di città metropolitane, province e Regioni. Perché se lì comanda il Pd, scatta quella tassa: una parte dello stipendio che prenderà per fare il presidente, l' amministratore delegato, il direttore generale, il consigliere di amministrazione o il revisore dei conti deve essere versata nelle casse locali del partito di cui è segretario Matteo Renzi, scrive Libero.


Così è scritto nei singoli regolamenti finanziari del Pd, il solo partito in Italia che stabilisce una regola così border line non solo per i propri eletti o chiamati ad incarichi di governo, ma anche per i «nominati» e i «designati» con il contributo determinante del partito ad incarichi in enti e società pubbliche, perfino di diritto privato. Una tassa impropria, che potrebbe apparire un ricatto verso professionisti e che indica una concezione proprietaria dell' ente pubblico, con il solo pregio di bandire ogni ipocrisia.

 

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