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Palazzi & potere
L'inutile battaglia del referendum e l'effetto Trump
Non si tratta di votare si o no al referendum, ma di ricostruire la democrazia in Italia. In un Paese che dopo il crollo del muro di Berlino ha visto scomparire la funzione di marca di confine, dissolvere un sistema politico, perdere il controllo nazionale di aziende pubbliche e banche private di cos’altro potrebbe trattarsi? Il ventennio berlusconiano, nato con i buoni propositi di ridurre il peso dello Stato e della magistratura, alla resa dei conti è stato costantemente assediato dai giudici e spazzato via - a quanto sembra - da una congiura internazionale. Nel frattempo, però, non è che avesse realizzato granché. Diverse scelte economiche giuste, una politica estera realistica e meno allineata ma poco altro, se non una selezione degli eletti a dir poco approssimativa. Eppure, nonostante tutto, ancora oggi il voto degli italiani è orientato a maggioranza sul centro destra senza che ci sia una proposta politica, una coalizione, una classe dirigente e un leader che possa coagulare e gestire questo consenso. Da dove ripartire, dunque? Dalle regole o dagli uomini? Le regole lasciano, in gran parte, il tempo che trovano quando a gestirle ci sono uomini che non hanno la visione del bene comune e degli interessi nazionali. E le classi dirigenti di un Paese non si inventano dall’oggi al domani, non si qualificano con la velocità dell’invio di cinguettii su twitter, non si individuano con i voti su internet: ricordo con orrore che nelle quirinarie de “Il fatto”, promosse per individuare il nuovo capo dello Stato, Giancarlo Magalli svettava su tutti. Occorre tempo per fare maturare una classe politica responsabile, espressione di cittadini consapevoli.  Quelli che appunto evoca ed auspica il Presidente Mattarella. Infatti, è questo il problema. Da un lato, chi ha governato negli ultimi vent'anni, sia la destra che la sinistra, ha rappresentato l’essenza autentica dell’antipolitica, facendo nascere la protesta dei Cinque Stelle e l’aumento della disaffezione al voto. Dall’altro, si evidenzia la rappresentazione plastica della “inerzia della democrazia” che produce “consenso solido in una società liquida”, dimostrando che la democrazia sia soltanto una procedura. Questa situazione può andare? Non nel senso che chi si trova oggi escluso dalle “sacre stanze” tenta rivincite spesso con argomenti che finiscono con il rafforzare la parte di chi si critica, ma se con queste modalità da venditori di tappeti, che pure hanno il determinante e massiccio sostegno di media nazionali e internazionali, l'Italia può superare la crisi, proporre prospettive ai giovani e alle imprese, garantire sicurezza e futuro. Sia chiaro: il domani ci appartiene solo in minima parte poiché le scelte fondamentali passano senza, sopra e contro le nostre teste. L’80% delle leggi che il Parlamento esamina sono di derivazione dell’Unione Europea, che ci dice quello che dobbiamo fare, come, perché e anche per chi. L’immigrazione è un problema epocale, del quale risentiamo in prima battuta l’impatto, ma senza avere una visione comune né tanto meno prevedere una prospettiva. I poteri economici e criminali pesano a livello globale a volte più degli Stati, in un confronto sempre più asimmetrico e preoccupante. Le nostre scuole e università sono sempre meno attrattive tanto che il numero degli iscritti agli atenei sta calando in misura maggiore rispetto al decremento demografico, segno che il titolo di studio non viene più considerato un ascensore sociale. Ma soprattutto questo sistema educativo produce il 76% di cittadini che hanno difficoltà a comprendere un semplice testo nella nostra lingua, come ci spiega da anni Tullio de Mauro. Immaginiamoci allora con quali esiti si svolgano le attività lavorative e l’esercizio democratico, cioè scegliere, controllare e sostituire i propri rappresentanti. Oppure esprimersi su un quesito referendario. Con partiti virtuali dove poche persone, se non spesso una sola, decidono chi entra in lista e chi no, con un sistema di istruzione ridotto in gran parte a un ammortizzatore sociale per studenti e  docenti, con una società civile debole, dove sindacati, imprenditori e anche la Chiesa non hanno più il radicamento sociale di un tempo, la classe dirigente dove dovrebbe formarsi? Direttamente su internet che, come dichiarò Umberto Eco, “dà voce a legioni di imbecilli”? Secondo me, questo è il punto. Occorrerebbe partire dalla formazione delle élite per ricostruire la democrazia, quindi dalle scuole e dalle università, oltre che dai piccoli comuni, l’unico luogo dove oggi il governo della cosa pubblica potrebbe essere realmente verificato dai cittadini. In un quadro del genere e in assenza di argomenti autentici e soprattutto di comportamenti adeguati, al referendum viene oggi assegnata la funzione di madre di tutte le battaglie. Secondo me, se vince il SI, circostanza stando ai sondaggi assai improbabile ma non si sottovaluti la straordinaria offensiva mediatica di queste ultime due settimane, rafforzerà la leadership di Renzi, che però potrebbe continuare ad avere in mano l’Italia anche perdendo bene con una percentuale dal 40-45 per cento in su. Se vince il NO, come sembrerebbe prevedibile, l’area dei sostenitori è talmente composita, spaziando da Salvini a Grillo, che sarebbe improbabile individuare percorsi comuni. Il lavoro di ricostruire la democrazia in Italia, per ragioni legate alla cultura e alla nostra storia politica, viene affidato a questo passaggio referendario. D’altro canto, occorre tenere presente che anche senza cambiamenti, la società e il sistema democratico vanno avanti lo stesso, come tutti questi anni stanno dimostrando. Da dove, dunque, potrebbe provenire il colpo d’ala, lo scatto di reni, l'energia vitale per imprimere un corso diverso all’asfittica democrazia italiana? Ecco il tema. Ed è questione eminentemente di uomini e non certo di regole. Né tanto meno di referendum, che è una partita rivolta a definire gli attuali assetti di potere per continuare comunque sulla stessa strada: quella del "consenso senza consenso".  Reso credibile dal sistema mediatico che costruisce questa società della disinformazione, che determina in gran parte non solo la politica ma anche l'economia e la vita quotidiana. Anche se il successo di Donald Trump  ha indicato un'inversione di tendenza, che bisogna vedere dove ci porterà .


 
Étoile Sauvage
 

Intellettuale meridionale rivoluzionario e conservatore 

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trump





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