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Palazzi & potere
La Nato ai tempi di Trump (o di Clinton)

Chi come noi ha a cuore le sorti della NATO, per quale risultato
elettorale deve tifare a novembre, per una affermazione democratica o
repubblicana? Per Hillary Clinton o Donald Trump?
A quanto pare ora di capire, sarà comunque una alternativa tra due
mali, si tratta di individuare il minore.
Due mali perché ambedue i candidati sono allineati in una prospettiva
di disimpegno statunitense, seppure con misure, toni e modalità
diverse.
Da Hillary Clinton vi è da attendersi una conferma della linea degli
ultimi anni, quella di Obama, sintetizzabile nella richiesta agli
alleati, (o meglio, nel perenne ritornello) di fare di più per la
difesa collettiva e nella minaccia di un taglio nella contribuzione
statunitense al bilancio complessivo dell'Alleanza.
Sintesi molto chiara, a tratti brusca, del nuovo approccio, è quella
ben definita ed argomentata nell'intervento dell'allora Ministro della
Difesa Robert Gates alla ministeriale Nato di giugno 2010; diceva in
pratica Gates, che mentre gli europei riducevano indiscriminatamente i
budget per la difesa, l'onere statunitense cresceva dal 50 per cento
degli anni della guerra fredda, al 75 del ventennio post caduta del
muro. Questo contraddittorio sbilanciamento nella suddivisione degli
oneri - diceva Gates - non avrebbe potuto ulteriormente essere
spiegato al contribuente statunitense, sopratutto ai giovani, a quelli
che non avevano vissuto i tempi della guerra fredda.
Bene, tutto giusto e condivisibile, nulla da eccepire.
Però, se questo è il nuovo approccio alla NATO, perché in coerenza con
esso, gli USA non depotenziano il ruolo guida di cui si sono
appropriati all'interno dell'Alleanza, anzi ne accentuano i caratteri
di operatore dominante? Fortemente irritati, forse, per il ruolo in
continua ascesa della Russia nel ridisegnare gli equilibri regionali,
gli Stati Uniti paiono impegnati in un'opera di offuscamento della
figura di Putin e di una sua ricollocazione nel ruolo originario,
tipico della confrontazione bipolare, quello di una minaccia immanente
sul fianco est dell'Europa; in ciò i nostri alleati d'oltre oceano
cavalcano con abilità le vecchie paure dei paesi Baltici e di quelli
all'epoca satelliti dell'Unione Sovietica, sfruttandone con successo
la condizione di "utili idioti".
E allora, avanti tutta e tutti con la nuova guerra fredda e con
esercitazioni che la riproducono fedelmente, accantonando, molto
colpevolmente ed irresponsabilmente, la inderogabile necessità di
concentrare le attenzioni della NATO sul vero nemico, il terrorismo, e
sulla conseguente riscrittura di una dottrina di impiego della forza
nei teatri asimmetrici, quali quelli disegnati dai guerrieri del
terrore. In caso contrario, il pregio esclusivo della NATO, quello di
mettere in piedi all'occorrenza una macchina bellica rapida,
efficiente ed ispirata al rispetto dei principi umanitari, sarà solo
un ricordo del passato.
E se a novembre prevarra' Hillary Clinton, è facile immaginare la
barra al centro sulla rotta descritta, tracciata e perseguita
dall'attuale amministrazione.
Se invece i cittadini statunitensi dovessero scegliere Trump, il
rischio di "stupro" per l'Alleanza sarebbe più netto e concreto.
Pare di aver capito che uno dei principi fondanti dello stare insieme,
quello che sancisce la solidarietà tra alleati in caso di attacco ad
uno di essi, non solo non sarebbe più scontato, ma verrebbe sottoposto
ad una valutazione, caso per caso, in base alla "compliance" del paese
in difficoltà rispetto agli obblighi nei confronti degli altri paesi
membri o degli Stati Uniti stessi. Le dichiarazioni di Trump in tal
senso non lasciano dubbi, vedere per credere, l'intervista rilasciata
al New York Times il 21 luglio scorso. E pensare che l'applicazione
dell'articolo 5 del Trattato, quello appunto che sancisce il mutuo
aiuto, è stato recentemente applicato, se vogliamo con qualche
forzatura interpretativa, proprio a favore degli Stati Uniti in
occasione dell'attacco alle Torri Gemelle ed al Pentagono nel 2001.
Sempre in materia di politica estera, in altra occasione il candidato
repubblicano non si è detto contrario al dialogo con Putin sui grandi
temi caldi anziché costringerlo ai margini e tenerlo, come ora, in
stato di perenne irritazione e sulla soglia di una escalation di cui
nessuno avverte il bisogno. E questa apertura forse è una buona
notizia: viva la chiarezza.
In conclusione, due prospettive poco allettanti gravano sul futuro
della NATO; l'una rappresenta la conservazione e la recalcitranza ad
aprire una discussione vera sulle priorità del momento e sui rischi
per la sicurezza collettiva.
L'altra, quella facente capo a Trump, dai contorni piu bizzarri e dai
contenuti più drastici, la cui pratica realizzabilità al momento
opportuno sarebbe tutta da verificare, e che tuttavia avrebbe il
merito di affrontare a viso aperto e senza mezzi termini le residue
ragioni della convivenza in una alleanza che non ha saputo rinnovarsi
e che giorno dopo giorno accumula muffa e sapore di passato.

 

Gen. Leonardo Tricarico
*ex Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare, già Consigliere Militare del
Presidente del Consiglio dei Ministri (1999-2004) e attuale Presidente della Fondazione Icsa

Tags:
trump





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