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Palazzi & potere
Lavoro al primo posto: parla Andrea Marcucci alla vigilia del Lingotto

Tre giorni per ripartire. Se fosse un film si intitolerebbe ritorno al futuro.

In Francia come in Italia è il momento di non tirarsi indietro, è 'le moment d'une refondation profonde', come dice Macron in queste ore.

I rischi li abbiamo visti scorrere tutti davanti agli occhi in questi mesi: la palude del dopo 4 dicembre, la scissione che ha partorito un altro topolino, la frammentazione causata dall'annunciato sistema proporzionale, i veleni, l'asfissiante campagna denigratoria che va in onda, con poche lodevoli eccezioni, a reti unificate.

In questi tre mesi i problemi degli italiani sono scomparsi, il dibattito pubblico è stato invaso da una melassa insopportabile, le prese di posizione sono state sostituite dagli ordini di scuderia della Casaleggio e associati, le voci dei riformisti travolte da un opportunismo teso a distruggere e non a costruire.

Per questo il Lingotto deve essere lo spartiacque, la ripartenza come fu per molti di noi il nuovo inizio di Walter Veltroni.

È un esercizio utile, in questi giorni di revival del passato, andarsi a rileggere  il suo intervento  al Lingotto il 27 giugno del 2007. "Fare un'Italia nuova. È questa la ragione, la missione, il senso del partito democratico" disse l'allora candidato primo segretario del Pd, facendo sobbalzare dalle sedie gli stessi che sono fuoriusciti dal Pd dieci anni dopo.

Ed ancora: ": "La possibilità della scelta: questo è il principio da affermare e da far vivere. Questa è la chiave da consegnare all'Italia. Agli italiani, che devono poter scegliere in modo lineare, pieno e consapevole chi dovrà governarli per cinque anni. A chi governa, che deve avere gli strumenti necessari per guidare il Paese, per attuare il programma con il quale è stato eletto, per decidere.

Questa è la forza della democrazia, di una "democrazia che decide". Delega e responsabilità. Equilibrio tra potere di decisione e potere di controllo. Con lo scettro affidato a coloro ai quali spetta in democrazia: i cittadini, il popolo che vota e che dopo cinque anni approverà o boccerà l'operato di chi li ha governati".

Il Pd è nato per assecondare una vocazione maggioritaria, ora dobbiamo difenderla..

Insomma dopo il primo passo sulla strada del cambiamento, rallentato dall'esito del referendum, non disarmiamo, torniamo si a casa, ma per prepararci al secondo.

Olof Palme diceva che “Noi democratici non siamo contro la ricchezza ma contro la povertà". Un traguardo storico che dobbiamo raggiungere con un programma di riforme che guardi ai prossimi 1000 giorni.

Un programma che ha il tema del lavoro al primo posto. Tommaso Nannicini in un'intervista uscita nei giorni scorsi ha declinato questa priorità: "Significa mettere in campo tutti gli strumenti possibili, dalla formazione alla riduzione del costo del lavoro, alle politiche attive e di inclusione come il reddito di inclusione che è legato alla delega-povertà del governo Renzi. Tutti strumenti che sono dentro allo stesso disegno: dare le competenze, rafforzare i lavoratori sul mercato, aiutare a reinserirsi chi resta indietro".

En marche, in cammino quindi, chi pensava di escludere il Pd, Matteo Renzi, dal futuro, dovrà presto rivedere i suoi conti.

Andrea Marcucci

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