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Palazzi & potere
Link Campus University, Scotti: ora serve una vera strategia per il Paese

E’ stata una settimana politica indicativa per quello che è destinato ad essere “l’autunno della difficile sfida del cambiamento” del nostro Paese. Un cambiamento, scrive sul Tempo Vincenzo Scotti Presidente della Link Campus University, che dipende da noi anche ma sempre più intrinsecamente connesso coi grandi rivolgimenti dell’intero pianeta. Anche se lo volessimo, non potremo assolutamente progettare il nostro futuro in autonomia e indipendenza come ai tempi della sovranità dello stato moderno. La forza dirompente dell’innovazione tecnologica precursore della Globalizzazione ha reso sempre difficile, se non velleitario, il difendersi dentro i confini della sovranità nazionale.

Il segno politico di questo “cambiamento” sta, nel nostro Paese, nella scomparsa dei partiti e delle associazioni proprie della democrazia rappresentative del secondo dopoguerra. Scomparsa non solo a causa di errori e degenerazioni delle leadership, ma anche per incapacità a rispondere alle antiche e nuove domande di governo, dalla più piccola comunità locale alla società nazionale. Domande di giustizia, di equità, di dignità, in presenza di inaccettabili disuguaglianze e carenze di “sicurezza”, di forme incontrollate di dominio speculativo del mercato, di riconoscimento del merito. M5S e la Lega sono stati capaci di dar voce al popolo con una partecipazione dal basso che soddisfa la richiesta di protagonismo ma che ora deve rispondere a quelle domande con un compiuto disegno politico di Governo, e non una somma di istanze, bisogni, aspirazioni senza mediazione semplicemente in sintonia con il sentire profondo del popolo.

La rapidità della crescita elettorale ha portato i Movimenti ad assumersi la responsabilità in tempi brevissimi a formare un Governo di contratto a cui si addice bene l’espressione di Moro, un governo delle convergenze parallele ma non ancora ad un progetto unitario. La criticità della situazione del Governo giallo verde sta nel dover mediare tra le diverse aspirazioni e bisogni e i vincoli della globalizzazione, del liberismo della finanza senza frontiere, delle necessità di sicurezza internazionale, dello scontro con il potere di Stati-Continenti e non ultimo della forza destrutturante della Rete.

E’ questo lo scenario dentro il quale nasce l’agenda del “cambiamento” del Governo giallo-verde. Il decreto “Dignità” che pone il tema delle terribili conseguenze economiche, sociali e soprattutto umane della disoccupazione: la dignità della persona ed ha il senso di denunciare che non si può continuare affrontare la crisi generale e le crisi aziendali tagliando i livelli di occupazione, mantenendo bassi i salari, rendendo sempre più precario il lavoro e guardando solo alle necessità della finanza e delle banche pone un tema. Un grande quotidiano ha proposto di caricare sul welfare la forniture di servizi pubblici per un ampio ventaglio di bisogni e superare così la precarietà ponendo un altro tema. Ma questi sono tutti approcci settoriali.

Al Governo è opportuno ricordare che per andare oltre l’orizzonte del Decreto Dignità è urgente fare un passo deciso nella progettazione unitaria delle politiche della crescita e del lavoro, in autunno sarà indispensabile un progetto per lo sviluppo della nostra economia con una azione convergente della ricerca scientifica, delle politiche della innovazione delle imprese, della efficienza degli apparati pubblici in particolare a sostegno della crescita e della internazionalizzazione delle piccole e medie imprese. E di questa strategia è parte determinante una innovazione nella riduzione e nel controllo del debito pubblico. Questo è il terreno su cui i nuovi Movimenti si giocano la legittimazione a realizzare il cambiamento vero del Paese.

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