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Palazzi & potere
M&A E PRIVATE EQUITY IN ITALIA

Analisi dell’andamento del mercato italiano delle operazioni straordinarie nel corso del 2016 – intervista all’Avv. Stefano Bucci (Gianni, Origoni, Grippo, Cappelli & Partner).


Il 2016 va verso la sua conclusione con una netta e sicura conferma del trend positivo delle operazioni di M&A che hanno coinvolto il mercato italiano, con particolare riguardo (e questa è una piccola novità rispetto all’anno che lo ha preceduto) ad una ripresa degli investimenti di private equity nel nostro Paese.

I grandi fondi di private equity, italiani e stranieri - tra questi, sia americani sia inglesi - sono tornati a guardare con interesse possibili società target italiane, fino a conquistarne il più delle volte il controllo o una rilevante quota del capitale.

Analizziamo assieme ad uno dei professionisti più attivi e degli operatori che ha vissuto più da vicino questa nuova ripresa degli investimenti di private equity in Italia avendo partecipato alle principali operazioni dell’anno; l’Avv. Stefano Bucci (in foto), socio dello Studio legale Gianni, Origoni, Grippo, Cappelli & Partners, attivo nel settore dell’M&A (public e industrial) e del private equity.

Avvocato Bucci, che bilancio possiamo fare dell’anno che sta volgendo al termine?
Sicuramente positivo.
E’ stato un anno che, ferme restando le difficoltà che continuano ad esserci dal punto di vista sistemico, ha segnato una significativa ripresa delle operazioni di private equity nel nostro paese e la conferma di un trend più che positivo dell’M&A in generale, anche con riferimento a società quotate su mercati regolamentati.

Per cosa si è contraddistinto il 2016 dal suo punto di vista?
Abbiamo avuto il privilegio di assistere importanti realtà italiane e internazionali in alcune delle principali operazioni di investimento aventi ad oggetto target italiane.
E’ stato l’anno in cui sono passate di mano due grandi realtà assicurative (il Gruppo Ergo e la società Old Mutual Whealth Italy), entrambe acquistate, in due momenti diversi e a vario titolo dal Fondo Cinven.
E’ stato sicuramente un anno molto particolare per il comparto assicurativo nel suo complesso essendo andate sul mercato, oltre alle citate società, altre importanti realtà come, ad esempio, il Gruppo Uniqa.
E’ impossibile negare che è stato l’anno in cui un’importantissima realtà come RCS ha cambiato padrone e forse anche pelle, ma staremo a vedere.
E’ stato l’anno in cui dovrebbe definirsi la cessione del Milan da un imprenditore che ha rappresentato un personaggio importane e discusso del nostro Paese ad un player internazionale che ha promesso grandi investimenti.
E’ stato l’anno in cui importanti realtà industriali come il Gruppo Optima (MEC3), leader mondiale nel settore della produzione e commercializzazione di preparati per gelati industriali, è stato acquistato dal fondo di private equity inglese Charterhouse Capital Partners.

Quindi il “Made in Italy” rappresenta ancora un valore aggiunto?
Il “Made in Italy” sicuramente è un elemento molto attrattivo sul mercato, pensiamo alle grandi operazioni che negli anni scorsi hanno interessato il settore della moda e del lusso, in cui il nostro paese fa la parte del leone.
In realtà, credo che gli italiani rappresentino un valore aggiunto, anche se a volte fanno finta di dimenticarselo.
Alcuni nostri connazionali hanno partecipato allo sviluppo di realtà che sono state in grado di cambiare la nostra cultura, come Apple e Amazon ad esempio, e credo che l’italianità possa rappresentare un valore aggiunto in questo percorso.
Ho una visione molto peculiare sul tema dei “cervelli in fuga”; credo sia più corretto pensare a un fenomeno che porta l’eccellenza italiana nel mondo piuttosto che ad una sconfitta per il Paese.
Il 2016 sarebbe potuto essere l’anno della cessione di Esselunga, alla quale come Studio abbiamo lavorato, e solo la scomparsa del Dott. Caprotti ha evitato probabilmente la definizione del deal; sarebbe stato un deal molto importante e un’altra azienda italiana sarebbe divenuta di proprietà di un fondo estero.

E’ molto bello come usa il “noi” ogni volta che parla dello Studio.
Lo studio del quale mi fregio di esser socio rappresenta, assieme ad alcuni nostri importanti competitor, una realtà molto importante nel panorama legale italiano ed internazionale; credo sia giusto che ogni successo sia dello Studio e che lo Studio superi in maniera coesa ogni passaggio delicato della propria crescita.
Sicuramente le strutture, le negoziazioni, le operazioni, le discussioni non le fa lo Studio ma i professionisti (singolarmente e come team) che vi lavorano e credo che, anche in questo senso, siamo una realtà decisamente fortunata.
A differenza di alcuni anni fa, il mercato dei servizi legali oggi è molto più volatile; i professionisti a volte preferiscono valorizzare la propria crescita mediante il cambiamento piuttosto che mediante la permanenza in uno studio.
Noi, anche in questo, siamo molto fortunati; il nostro Studio ha subito in maniera ridotta questa volatilità e da sempre premia e valorizza la fedeltà.

La componente umana gioca un ruolo importante nel vostro lavoro?
Certamente si!
Il profilo umano assume una rilevanza importantissima da due punti di vista: uno esterno ed uno interno.
E’ importante che i clienti che abbiamo il privilegio di assistere sappiano di potersi rivolgere a donne e uomini prima che a professionisti ed è per questo che non basta formare eccellenti avvocati o commercialisti se poi questi non sono in grado di creare con il cliente quell’empatia e quel rapporto di fiducia posto alla base della nostra professione.
Internamente, viviamo a contatto molte ore del giorno e della nostra vita in generale ed è importante avere a che fare con persone misurate, corrette, preparate e di cui ci si può fidare.
Personalmente, ho un gruppo di professionisti molto affiatato che da oltre dieci anni lavora assieme a me nelle principali operazioni che ho avuto la fortuna di seguire; ragazzi (ormai uomini) con cui si è creata una grande empatia reciproca contraddistinta sempre da un grande rispetto dei ruoli e dell’esperienza.
Proprio per evitare di anteporre i singoli al gruppo, preferisco evitare di citarli per nome ma sono sicuro che loro sanno bene a chi mi riferisco.

Torniamo al lavoro, come vede il 2017?
Fare previsioni non è facilissimo, soprattutto se pensiamo a come si sta concludendo il 2016 sul piano socio-politico, sia dal punto di vista internazionale che nazionale.
Credo (e spero) sarà un anno di conferma e miglioramento, se possibile.
Credo che il mercato continuerà a vivere operazioni importanti e credo e spero che torneranno anche gli acquisition financing che da qualche anno non si vedono più come un tempo.
Sarà sicuramente un anno in cui gli NPLs giocheranno un ruolo importante, così come il comparto bancario in generale, in vista delle tanto annunciate ricapitalizzazioni. Comparto che seguiamo con grande attenzione e sul quale siamo coinvolti.
Credo (e spero) che nel 2017 continui il trend iniziato ormai da alcuni anni.

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private equity





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