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Palazzi & potere
M5s, sondaggi e altri rimedi per arginare la valanga Salvini (e il caso Roma)

L'inchiesta della magistratura sul nuovo stadio della Roma preoccupa non poco il Movimento 5 Stelle. Tra gli esponenti di vertice la calma è soltanto apparente; comunicatori e spin doctor sono al lavoro per valutare i potenziali danni d'immagine e si cerca affannosamente una strategia mediatica di difesa, scrive Italia Oggi. «In questo momento non ci voleva proprio» spiegano, «la vicenda rischia di tagliarci le gambe perché ci troviamo in un momento di grande complessità e delicatezza, a poche settimane dalla nascita del governo nel quale la Lega e il suo leader, Matteo Salvini, stanno dominando rispetto a quello che a tutti gli effetti è l'azionista di riferimento (almeno a livello numerico), Luigi Di Maio».

Deputati pentastellati di primo piano si spingono persino a chiedere ai cronisti più informati: «Come va a finire la vicenda dello Stadio? Usciranno nuove carte?». C'è paura che la vicenda possa arrivare a lambire il cuore del sistema Cinquestelle. «I sondaggi ci danno in calo già da qualche settimana e ormai nell'immaginario collettivo si ricorda soprattutto Salvini che chiude i porti e costringe l'Europa a sollevare il problema della gestione dei flussi migratori» fanno notare fonti pentastellate. La paura tra gli spin doctor M5S è che il trend negativo possa ancora peggiorare, scivolando fino a livelli di rischio.

«Da quando abbiamo messo in piedi il governo non ce ne va più bene una. Chissà magari è solo sfortuna però una cosa è sicura: in Italia a pensar male ci si azzecca quasi sempre». Dapprima tutte le difficoltà per fare un governo pur avendo stravinto le elezioni, un vero e proprio calvario con l'establishment nazionale ed europeo schierato come un sol uomo contro (establishment che li avrebbe tollerati solo se fossero stati accompagnati nella stanza dei bottoni dal Pd) poi appena si comincia a governare, ecco le prime clamorose difficoltà: l'Europa che fa muro sugli immigrati ma soprattutto le indagini di «Stadio capitale», indagini che rischiano di colpire al cuore il MoVimento 5 Stelle e di provocarne cortocircuito con la messa in stato d'accusa di Luca Lanzalone, l'uomo mandato dai vertici pentastellati a Roma.

In ambienti 5Stelle nessuno vuole credere alla giustizia ad orologeria però si fa notare che «anche per quanto riguarda la Lega la magistratura si è subito mossa alla ricerca di soldi, peraltro risalenti ad altre epoche politiche». Sta di fatto che i 5 Stelle non stanno vivendo uno dei loro migliori momenti. Tra le tante indiscrezioni che girano in questi giorni a Montecitorio i pentastellati sarebbero molto più che preoccupati dell'avanzata leghista, sarebbero addirittura terrorizzati, tanto più se le evidenze di questi ultimi giorni fossero confermati dall'imminente secondo turno delle elezioni amministrative. «Stiamo perdendo tutti i voti che avevamo preso alla destra nel 2013; quei voti non stanno ritornando a Forza Italia ma stanno andando dritti dritti al Carroccio» si osserva in Transatlantico. Tanto che i grillini, continua Italia Oggi, avrebbero addirittura commissionato più di un sondaggio a riguardo, vogliono capire quanto gli costerà in termini di consenso, di voti e di immagine questa emorragia nei confronti del partito di Matteo Salvini. Soprattutto se e quanto ancora continuerà.

Per questo i vertici del Movimento pensano già alle contromosse future: «Di Maio non può tenere il piede in cinque scarpe: non può essere allo stesso tempo capo del partito, vice premier, ministro del lavoro, ministro dello sviluppo economico e detentore della pesantissima delega alle telecomunicazioni, un accentramento di potere mai visto, qualche cosa di insostenibile per qualsiasi essere umano». In particolare, spiegano fonti vicine ai vertici del Movimento, si sta tentando di capire come fare per uscire dal tunnel: due sono le opzioni attualmente sul tavolo di Grillo e Casaleggio: da un lato l'ipotesi che va per la maggiore è quella di rimettere in piedi una sorta di Direttorio che affianchi Luigi Di Maio e che possa rispondere alle necessità del territorio, dove ormai i famosi meetup sono in perenne litigio tra loro e sono diventati dei piccoli cenacoli senza alcun collegamento reale con il territorio.

Ma c'è un'altra opzione che circola in questi giorni per tentare di rilanciare il movimento oltre all'opzione del direttorio: è quella di creare la figura del Vice capo politico, un vice Di Maio senza però potere di firma. Insomma, un «uomo ovunque» che possa fare da filtro tra la base e il vertice e possa seguire più da vicino il territorio senza però dover gestire le incombenze governative.

Un'altra opzione di cui si parla all'interno del Movimento in questi giorni bollenti è pure quella di rivedere il divieto di secondo mandato: il limite dei due mandati, quantomeno sul territorio dovrà essere necessariamente rivisto, si spiega, anche perché potrebbe essere il passepartout per salvare il futuro politico di Luigi Di Maio e per consentirgli di giocare ad armi pari con Matteo Salvini che invece non ha il problema della ricandidatura e tiene sempre pronto il piano B. Anche Beppe Grillo lo avrebbe capito: l'esperienza conta in politica e non è possibile disfarsi automaticamente di tutti, magari dei più esperti. D'altra parte i migliori risultati nelle ultime elezioni amministrative sono venuti da chi aveva già avuto precedenti esperienze politiche. «Non è più possibile mandare a casa quelli che di noi hanno già fatto esperienza e che spesso proprio per questo sono i più capaci. Non possiamo ad ogni elezione ripartire da zero», spiegano allargando le braccia in Transatlantico gli strateghi pentastellati.

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