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Palazzi & potere
Macron, volendo tutto, ha logorato anche il suo rapporto con la Merkel

È da qualche tempo che si sono andati deteriorando in modo crescente i rapporti fra il presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron e la premier tedesca, Angela Merkel che, una volta, almeno apparentemente, si comportavano come il gatto e la volpe, da veri amiconi. In vista della riunione del prossimo giovedì del Consiglio europeo nel corso del quale si cercherà di definire le candidature di quattro posizioni di vertice in Europa, gli attriti sono ulteriormente cresciuti. Il motivo è presto spiegato: mentre i deputati macronisti sono solo 21 in un emiciclo che conta 751 europarlamentari, il presidente francese pretende di dare le carte, ritenendosi il maestro del gioco in Europa. Macron insomma non ha i mezzi per la sua arroganza.

La sua tecnica è nota, scrive Pierluigi Magnaschi su Italia Oggi, ed è basata sulla rapidità, il doppio gioco e la spregiudicatezza. Un macronista di stretta osservanza, pur riconoscendo che le cose stanno così, ha però spiegato che sinora l'arroganza di Macron lo ha premiato: «Anche quando si presentò come candidato alla presidenza della repubblica francese», spiega, «tutti dicevano che non ce l'avrebbe fatta e invece ce l'ha fatta a conquistare l'Eliseo. La sua (nostra) tecnica è quella di far saltare il tavolo, quando è necessario».

Ma il gioco, che è riuscito in Francia, in Europa è più difficile da realizzare. Primo, perché adesso tutti conoscono la tecnica spavalda di Macron e quindi tutti sono preparati a disinnescarla. Secondo, perché, in Europa, Macron conta, realisticamente, come il due di bastone quando non è briscola (ripeto infatti che egli ha solo 21 europarlamentari su 751). Non a caso il belga Philippe Lamberts, copresidente del gruppo europeo dei Verdi, non ha esitato a dire che «lo stile di Macron è uno stile monarchico che non può essere accettato in Europa. È il culto del capo che pretende di sapere sempre tutto meglio degli altri. E ciò non è accettabile».

Dello stesso parere è, stranamente, anche il più diffuso e autorevole quotidiano francese Le Figaro che, pur essendo moderatamente filo macronista, in un articolo di fondo del suo editorialista Arnaud de La Grange segnala, senza prudenti giri di parole, che «la Francia avrebbe senza dubbio tutto da guadagnare, se correggesse il tiro. Nei cenacoli europei, infatti, essa ha spesso la reputazione di arroganza, l'immagine di un paese che dà molte lezioni agli altri senza tirarne le conseguenze sui suoi comportamenti e sulle sue scelte che sono spesso molto disinvolte». Le Figaro prosegue suggerendo che «potrebbe essere saggio, a questo punto, adottare un atteggiamento più umile, parlando meno forte e riformando più velocemente».

La stessa Angela Merkel che di solito si muove in modo molto accorto e prudente (sono più le cose che tiene per sé che quelle che dice) un mese fa aveva ammesso, in una intervista alla Süddeutsche Zeitung, che tra lei e Macron c'erano stati degli «scontri» dovuti soprattutto alla «diversa mentalità». Anche il francese Pascal Lamy, che è stato l'autorevolissimo presidente dell'Organizzazione mondiale del commercio (Omc o Wto, in francese o in inglese), ha detto: «L'alchimia può non prendere tra di loro. Merkel infatti è un puro prodotto del sistema. Macron invece è arrivato al potere attraverso la plateale rottura con il sistema. Macron, spinge e spiazza. La Merkel invece fa dei compromessi e arbitra saggiamente tra le varie opzioni possibili».

I quattro grandi posti che dovranno essere attribuiti giovedì prossimo sono il presidente della Commissione europea (dove ora c'è il lussemburghese Junker) e poi il presidente del Consiglio europeo (oggi c'è il polacco Tusk), quindi il presidente del Parlamento europeo (dove c'è l'italiano Tajani) e infine l'Alto rappresentante per gli affari esteri dell'Unione europea (l'italiana Mogherini).

Sullo sfondo c'è anche l'ombra del nuovo presidente della Bce (il successore, a Francoforte, dell'italiano Mario Draghi) che sarà però deciso successivamente anche perché è il solo a richiedere, per poter essere nominato, una maggioranza di almeno 376 voti al Parlamento europeo.

Lo scontro fra Macron e la Merkel è divampato sulla candidatura di Manfred Weber, politico tedesco di punta ed esponente del partito popolare bavarese. Macron non ne vuol sapere. La Merkel invece, oltre a stimare Weber, ha anche l'assoluto bisogno di portarlo al vertice della Commissione europea per tenere quieti i suoi parlamentari della Cdu-Csu già indeboliti dalla perdita di appeal elettorale del loro partito bicefalo.

L'ostilità di Macron nei confronti di Weber viene vista, da molti osservatori, come una manovra per mettere a capo della Commissione un suo uomo, oppure (come fece la Merkel con Junker) un suo maggiordomo, cioè un non francese ma più servizievole di un francese.

Per far capire che il niet francese nei confronti di Weber non è un divieto di Macron che colpisce la Germania e men che meno la Merkel, il presidente francese ha proposto pubblicamente la candidatura della Merkel, pur sapendo che il premier tedesco non è interessata a questa carica ma vuol portare a compimento la legislatura tedesca. Con questa candidatura furbetta e non gradita dalla Merkel, Macron, non solo non si è guadagnato la riconoscenza della premier tedesca, ma ha finito per indispettirla. La Merkel, dopo aver ripetutamente dichiarato la sua indisponibilità a guidare la Commissione europea, ha capito che Macron ha inventato questo giochetto (proporre una candidatura che non può esserci) ritenendosi più furbo degli altri. Certo di non essere scoperto e sbugiardato. Un diplomatico ha commentato: «Macron è troppo intelligente. A tal punto che, alle volte, presumendo di sé, fa la figura dell'imbecille»:

 

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