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Palazzi & potere
Il mondo del giornalismo tra news e tv; parla Franco Di Mare

Nel dibattito sui new media come si pone il mondo della tv rispetto al digitale, qual è oggi il ruolo del mezzo televisivo che rimane comunque il mezzo leader per l'informazione di qualità?

 

"Il nostro è un Paese nuovo al fenomeno digitale, in Europa siamo tra gli ultimi in termini della diffusione del digitale come mezzo di consultazione, per gli smartphone invece siamo il primo Paese europeo, anche se questi non vengono utilizzati al meglio, se non dai giovani.

L'uso del digitale nell'informazione in ogni caso non è così forte come dovrebbe essere, non ancora, noi con Unomattina costituiamo un'eccezione positiva, il nostro utilizzo del digitale è al quarto posto su scala nazionale pur avendo iniziato ad utilizzarlo da poco. Anticipiamo i temi trattati e diamo informazioni in tempo reale, mentre le cose accadono, ed è un sistema che funziona.

 

Di questi tempi si parla molto di fake news e Michele Anzaldi (PD) ha lanciato, proprio dalle colonne di Affaritaliani, una proposta di controllo sulle 'fake' seguendo modello francese, proposta che interessa anche la Rai, cosa ne pensi?

 

"Sono d'accordo. Noi abbiamo un compito che prevede la necessità di controllare le informazioni e le fonti prima di dare una notizia, se un'informazione arriva da una fonte che non conosco o circola sul web prima di divulgarla devo verificarla, non posso certo considerarla valida a prescindere, ma non si può neanche pretendere che questo controllo venga fatto dal gestore; il gestore non è responsabile delle notizie in sé, interviene in casi di violazione del codice penale, si, ma non sta a lui il compito del controllo sulla veridicità o meno delle notizie; sarebbe come chiedere alla società che gestisce le autostrade di controllare che tutte le auto siano a norma, è una cosa che non si può fare. Internet consente il passaggio delle informazioni, il filtraggio e il controllo spettano a noi, è un nostro dovere, ed è anche un compito istituzionale in quanto tv pubblica".

 

 

Hai scritto diversi libri nella tua carriera, ci parli del tuo ultimo libro edito da RAI-Eri, "L'anima di un luogo"?

 

"Questo libro nasce da una serie di incontri che la Rai organizzò con scrittori, aspiranti scrittori e aspiranti sceneggiatori per confrontarsi su come nasce un racconto, io ho raccontato appunto come sono nati una serie di miei scritti ambientati in una località immaginaria, Bauci, una delle città invisibili di Calvino, un luogo che esiste e che non esiste, sulla costiera amalfitana. Questo nome l'ho utilizzato per evitare che il lettore potesse pensare ad una storia ambientata in luogo geografico preciso, in qualche modo limitato, invece le tipologie umane che si incontrano nel racconto e le problematiche che si affrontano trascendono dalla città e non cambiano in base ad essa, hanno a che fare con la nostra relazione col mondo, col cambiamento, col sesso, con la politica; sono tematiche, se vogliamo, universali. In questo incontro con gli scrittori abbiamo ragionato su come nasce la narrazione, sull'utilizzo dei differenti verbi, dell'io narrante, e un punto interessante, di cui mi chiedevano, è che la narrazione è molto diversa dal giornalismo, lo scrittore deve dimenticare di essere giornalista, perché il giornalista risponde al principio della realtà, lo scrittore a quello della fantasia".

 

Tra incertezza e sfiducia come vedi il futuro della professione giornalistica?

 

"Sicuramente in cambiamento, ho iniziato a lavorare del 1980 e già allora mi dissero di lasciare perdere e che il giornalismo era in crisi, nel 1985 dicevano la stessa cosa, negli anni '90 anche e così nel 2000. Ma crisi è una parola greca che significa trasformazione; certo allora che il giornalismo è in crisi, il mondo intero è in crisi. Ecco, non so se direi a mio figlio di fare il giornalista, il nostro potere d'acquisto negli ultimi anni è calato, negli anni '70 un giornalista, un caposervizio, dopo circa un anno di lavoro guadagnava 770.000 lire, e allora con quella cifra ci si comprava la Fiat 127, la Punto di oggi, solo che oggi la Punto costa circa 10.000€, il potere d'acquisto quindi si è ridotto moltissimo e con lui il peso specifico del giornalismo. I motivi sono diversi, l'enormità dell'offerta, l'impoverimento degli editori, i nuovi canali...ma questo non significa la morte del giornalismo, significa che è in trasformazione. Un esempio? Il New York Times sta per chiudere la versione cartacea e passare totalmente alla versione web, il problema non sarà tanto convincere i lettori a passare all'online quanto convincerli a pagare per avere l'informazione online, gli utenti non vogliono pagare perché accedono alla Rete e possono consultare gratuitamente le notizie, ma tante notizie non sono vagliate, non sono controllate ed eccoci tornare alle ormai famose fake news; qui sta la differenza"

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franco di mareunomattinarai





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