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Palazzi & potere
Pd, Maria Elena Boschi non le manda a dire: intervista pazzesca a tutto campo

"Oggi Matteo Renzi è impegnato in una sfida educativa e culturale, non nella costruzione di un nuovo partito. Per adesso un nuovo partito è solo una fantasia". Maria Elena Boschi, intervistata dal Quotidiano nazionale, riannoda i fili della crisi dei renziani e del Pd, dal 2016 a oggi, e non risparmia critiche ai vertici della "Ditta", agli avversari e a se stessa.

"I Mille Giorni del governo Renzi - sottolinea l'ex ministra delle Riforme - hanno cambiato l'Italia molto più di quanto i commentatori abbiano riconosciuto. Ma non vivo rivolta al passato. Sono orgogliosa di ciò che con una squadra straordinaria siamo riusciti a fare, riportando il Paese a crescere". Dai diritti al Jobs act, dagli 80 euro alla riduzione dell'Irap, secondo la Boschi quella stagione di riforme fu affossata da "una campagna d'odio ingiusta. Che ha fatto male a molti di noi, alle nostre famiglie". E qui il riferimento personale è al caso di Banca Etruria, con il papà della Boschi coinvolto direttamente. "L'unico modo per abbattere Renzi - accusa - erano le fake news sui suoi collaboratori più stretti. Ma chi ha vinto con le fake news sarà sconfitto dalla realtà. E proprio sulle fake news ci siamo visti a Milano per lanciare una strategia di attacco molto più aggressiva".

Fake news messe in giro però all'interno dello stesso Pd. "Noi non lo abbiamo distrutto. Quando abbiamo preso il partito eravamo al 25% compresi gli scissionisti. Abbiamo rilanciato il Pd, vinto in 17 regioni su 20, ottenuto il 40% alle Europee e al Referendum, portato aria nuova nel Pd. Certo, poi con il fuoco amico, le scissioni, le liste civetta per prendere i nostri voti siamo arrivati al 19% del 2018. Ma finché c'è stato il governo Renzi eravamo molto forti". A proposito della partecipazione al governo Gentiloni, come sottosegretaria a Palazzo Chigi, la Boschi sorprende: "Per me sarebbe stato meglio starmene un po' in disparte, certo. E credo che si possa dire senza remore, ormai: sarebbe stato meglio anche e soprattutto votare prima, subito dopo il referendum. Meglio per il Pd, certo. Ma meglio anche per l'Italia. A un certo punto abbiamo smesso di dettare l'agenda, cosa che eravamo riusciti a fare perfettamente con il governo Renzi".

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