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Palazzi & potere
Renzi ha paura della riforma elettorale: teme di perdere i capilista bloccati

La questione immigrazione oscura in queste ore, almeno in parte, i temi di politica interna. Ciò non significa però che dietro le quinte nulla si muova. Sulla legge elettorale il confronto si riaprirà molto presto, giusto all'indomani delle ferie agostane. Cosa si può prevedere? A quanto pare, scrive La Verità, non resta che la strada di un decreto per armonizzare i punti lasciati aperti dalla sentenza della Corte: voto di preferenza difforme tra le due Camere, ridisegno dei collegi al Senato (che oggi sono venti, corrispondono alle regioni e quindi sono troppi grandi) e un metodo alternativo a quello del sorteggio. Ma persino questa che sembra essere l'unica strada possibile in realtà si presenta comunque impervia.

Infatti sono in molti, anche nello stesso Partito democratico, a negarne la fattibilità se non per interventi «minimali». C'è anche chi esclude la praticabilità politica del decreto: «Un simile provvedimento - dice una fonte anonima - dovrebbe comunque passare al voto di Camera e Senato e non è affatto detto che i parlamentari uscenti votino per i capilista bloccati». In ogni caso, il governo non sembra affatto intenzionato a scatenare una polemica sul decreto. Perciò è disposto ad andare avanti su questa ipotesi solo se, in caso di fallimento di qualsiasi intesa sulla legge elettorale, vi fosse l'accordo del Colle e di un ampio schieramento delle forze politiche.

Fin qui la "corazza" della questione. Invece il "cuore" riguarda, continua La Verità, l'eventuale soppressione di un punto solo in apparenza secondario: la conferma o la rimozione dei capilista bloccati. Di certo un ritocco che amputi il privilegio delle segreterie di partito, restituendo agli elettori il diritto di scegliere tutti i parlamentari, votando liberamente anche per i capilista, darebbe un colpo mortale alla posizione di Matteo Renzi. È proprio grazie ai 100 'posti d'oro' da poter assegnare in sede di liste elettorali che il segretario dem riesce ancora a tenere stretto in pugno un partito che sembra sfuggirgli ogni giorno di più.

Da qui la paura di riprendere il discorso sulla riforma elettorale, paura che non si fermerebbe nemmeno davanti all'eventuale riforma elettorale per decreto (cosa che peraltro Mattarella non vuole); perché poi, in Parlamento durante la 'conversione' del decreto in legge potrebbero spuntare come funghi peones (anche all'interno del Pd) che non hanno più nulla da perdere sapendo bene che non saranno ricandidati e quindi disponibilissimi a far saltare il meccanismo dei capilista bloccati e con essi lo strapotere politico e partitico di Matteo Renzi.

 

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