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Palazzi & potere
Asse Governo-Quirinale-Cei: Renzi tra la realpolitik della Chiesa e Minniti

Renzi, la realpolitik della Chiesa cattolica (che riscopre l'importanza della politica) contro Lega e 5 Stelle. Minniti manda messaggi a futura memoria: non mi tirerò indietro

 

"L'ultimo intervento del Card. Gualtiero Bassetti, teso a coprire l'azione del governo in materia di lotta agli scafisti, vuole dare l'idea di un cambio di rotta a conferma di un'autonomia della CEI ampiamente riconquistato" fanno notare oltretevere, "benché in armonia con il "sentiment" della Santa Sede".

Insomma, scrive Il Tempo, in Vaticano fanno notare che "Bassetti ha compiuto un gesto che segna comunque il ritorno della Chiesa italiana alla "centralità" praticata da Camillo Ruini". E non è poco, anzi. Vuol dire che la Chiesa ritorna ad occuparsi della 'cosa pubblica' riscoprendo l'importanza della politica, anche se in modi e forme ancora da definire.

Questo perché oltretevere si guarda con preoccupazione alle prossime elezioni e ad un possibile futuro governo 'sovranista' a trazione leghista o 5 Stelle: meglio quindi disinnescare sin da ora possibili reazioni populiste e razziste che potrebbero derivare da un eccesso di immigrazione. Insomma, in Vaticano si è riscoperta la realpolitik. Meglio la linea dura oggi che trovarsi domani  a Palazzo chigi Grillo o Salvini, o peggio ancora, tutti e due insieme.

La presa di posizione di Bassetti, continua Il Tempo, permette di leggere in controluce il "chi vince e chi perde" di questa turbolenta e complicata estate politica italiana. Forse, all'impronta, quel che era accaduto tra Minniti e Delrio proprio sulla questione dei migranti, faceva presagire una reazione della Chiesa contro la linea dura assunta dal Viminale. Ciò non è accaduto e, guarda caso, non è avvenuto per la perentoria rassicurazione di Mattarella sulla bontà dell'operato del Ministro dell'Interno.

Delirio è rimasto spiazzato - lui cattolico rispetto all'ex comunista Minniti - malgrado l'appoggio non proprio nascosto di Renzi (per taluni, anzi, palese ed eccessivo).
È passata dunque una linea che esalta l'asse politico-istituzionale tra Gentiloni e Mattarella, sostenuto in modo evidente, se non clamoroso, dai Vescovi italiani. A prendere un sonoro scappellotto è stato proprio l'ex Presidente del Consiglio, costretto stavolta a pronunciare faticose smentite sulla sua ipotizzata cospirazione per interposta persona. Insomma, Matteo Renzi si ritrova sempre più isolato, stavolta rispetto anche alle gerarchie cattoliche.

Minniti esce bene, non lo si può negare. Ha vinto una battaglia sulla legalità dei soccorsi in mare e ha ridato lustro al lavoro del suo dicastero. Mostra di avere grinta, come attesta per altro la fermezza con la quale ha preso di petto l'irruzione sulla scena di gruppi mafiosi nel nord della Puglia. In conferenza stampa, dopo l'agguato criminale in terra di Foggia, ha dato l'idea che il pugno di ferro sia la risposta non solo all'attacco sferrato contro l'ordine pubblico e la sicurezza dei cittadini, ma anche la dimostrazione del suo impegno personale a non tirarsi indietro, anche in prospettiva politica futura: un contromessaggio grintoso rivolto ad ignoti. A qualcuno saranno certamente fischiate le orecchie.

Se qualcuno ha pensato, scrive il Tempo, di eliminare dalla scena un personaggio in crescita, utilizzando la questione del codice di condotta delle Ong nel Mediterraneo, si ritrova a fare i conti con una realtà che rovescia quella pretesa spregiudicata. Minniti è entrato a pieno titolo, e in modo visibile, nel "partito del Presidente". Chi colpisce lui, scivola sul terreno della sfida al Quirinale. Ma oggi, nell'Italia senza maggioranze identificabili e con incertezza di leadership, chi ha la forza per sfidare il Quirinale?

 

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