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Palazzi & potere
Immigrazione: Triton, l'accordo che incastra Renzi (e Alfano)

Doveva essere una soluzione, è diventata il problema.

Nel novembre 2014 (governo Renzi, Alfano al Viminale) l' Italia fu tra i primi Stati ad abbracciare la missione di sicurezza di Frontex, accettandone i criteri operativi: era un modo per sostituire Mare Nostrum che, tra Marina e Aeronautica, ci costava 9,5 milioni di euro al mese. «Triton costa un terzo e non è a carico soltanto dell' Italia, sarà un enorme risparmio per noi e cambieranno moltissimo le cose », annunciava Alfano con prematuro ottimismo, scrive Repubblica. A nessuno sfuggiva il peso che avrebbe avuto la clausola sui porti italiani, ma i flussi migratori provenienti dalla Libia erano la metà e preoccupava di più la rotta balcanica. Oltretutto, avevamo un credito da spendere a Bruxelles sul tema della flessibilità. «Per motivi che non so, forse per ragioni di negoziato perché tutto si negozia in Europa, ci siamo presi in carico sbarchi e coordinamento », osserva l' ex ministro degli Esteri Emma Bonino.

Ora che la rotta balcanica è chiusa, e dal mare arriva il 97 per cento dei profughi, l' Italia si ritrova annodata a doppio filo a una clausola che non può più reggere. «Non siamo noi che abbiamo deciso di spalancare le porte», sostiene Matteo Renzi. «Aver accettato i due regolamenti di Dublino, come hanno fatto gli esecutivi italiani del 2003 e del 2013, è stato un errore clamoroso ». Fatto sta che l' operazione Triton, che il Viminale proverà a modificare martedì prossimo in Polonia al summit di Frontex, è stata adottata dal suo governo.

È vero, continua Repubblica, che i trattati di Dublino II e Dublino III li hanno sottoscritti altri governi (Berlusconi e Letta), ma questi nulla dicono sui porti e nulla impongono sugli sbarchi. Regolano soltanto le richieste di asilo, che devono essere presentate e vagliate nel paese di primo approdo del migrante.

 

 

 

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