Tutta la verità sul Jobs Act: precari il 71% dei nuovi contratti.
Si stava meglio quando si stava peggio: tagliati gli sgravi, nel 2016 le assunzioni "stabili" peggio di 2015, 2014 e 2013.
Solo giovedì scorso, Matteo Renzi spiegava a Otto e mezzo (La7) che col suo governo ci sono 585 mila occupati in più, di cui il 70% a tempo indeterminato, stando ai dati Istat che monitorano i posti di lavoro. Il premier da tempo ha deciso di ignorare (dopo averli magnificati) i dati amministrativi sui contratti attivati e cessati, come quelli dell' Inps sul settore privato (esclusi domestici e agricoli). Ieri, la fondazione Giuseppe Di Vittorio della Cgil ha pubblicato un dossier sull' andamento dei rapporti di lavoro nei primi 7 mesi di quest' anno. Dati che mostrano il crollo dei contratti "stabili" e la forte ripresa di quelli precari, dopo che i generosi sgravi triennali per chi assumeva con la prima tipologia nel 2015 sono stati tagli al 40% nel 2016.
Nel complesso, scrive il Fatto, le nuove assunzioni a tempo indeterminato sono state 744 mila, inferiori non solo allo stesso periodo del 2015 (-379 mila, -33,7%), ma anche del 2014 (-8%) - quando non c' erano gli sgravi - e al 2013 (-11%). Calano anche le trasformazioni di contratti precari in contratti a tempo indeterminato (-36,2% sul 2015 e -18% sul 2014). Le assunzioni a termine (2,1 milioni) rappresentano invece il 71% di tutti i nuovi rapporti di lavoro. Se a questi si aggiunge il trend dei voucher, i buoni lavoro orari liberalizzati dal jobs act (85 milioni, +135% sul 2014) "il lavoro precario e instabile si conferma nel 2016 la forma assolutamente predominante di accesso al mercato", si legge nel rapporto. In sostanza: "L' elemento che prevale nelle scelte delle aziende sono gli incentivi", non il contratto a tutele crescenti senza art. 18.
Nei primi 7 mesi dell' anno il saldo netto (assunzioni meno cessazioni) del tempo indeterminato, incluse le trasformazioni - che sono rapporti di lavoro già esistenti - resta positivo di 76 mila contratti, ma parecchio inferiore a quello del 2015 (+465 mila ) e del 2014 (+129 mila). Il dato resta positivo (anche se a luglio segna zero) solo perché le cessazioni stanno calando, ma questo - spiega il rapporto - è dovuto soprattutto al crollo dei "pensionamenti", passati dai 92 mila del primo semestre 2015 ai 55 mila del 2016. Con lo stesso dato sui pensionamenti, "il saldo occupazionale sarebbe inferiore di quasi il 50%".
L' analisi della Cgil mostra che gli sgravi (costo: 20 miliardi) sembrano aver dopato il mercato del lavoro, trasformandosi in un boomerang una volta tagliati.