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Palazzi & potere
Ue, l'asse franco-tedesco che ha governato ai nostri danni si sta sgretolando

L'Europa unita che ci hanno sinora descritto tutte le persone che contano, è un'Europa che non esiste. L'Europa unita infatti dovrebbe essere, secondo questo elegante storytelling educolarato, l'unione paritaria di 27 paesi che hanno come obiettivo quello di governare assieme (e senza egemonie interne) i problemi che li riguardano, nella prospettiva di costruire, alla fine, gli Stati Uniti d'Europa. In pratica invece, scrive Pierluigi Magnaschi su Italia Oggi, se si vuol scoprire da chi (e come) è stato esercitato il potere in Europa, si può dividere in quattro periodi il tempo passato dall'approvazione del Trattato di Roma che, nel 1957, ha istituito la Comunità economica europea (Cee) ad oggi.

Il primo periodo, che va dal 1957 (data di fondazione della Cee) al 9 dicembre 1989 (crollo del Muro di Berlino) è caratterizzato dall'assoluta egemonia francese nella gestione del Vecchio continente. L'altro grande paese europeo, la Germania, pur essendo progressivamente sempre più forte economicamente, prima era impresentabile a livello internazionale, per sua stessa convinzione, a causa della intollerabile tragedia consumata dal regime nazista. E in secondo luogo, proprio per questo suo passato e per aver perso la seconda guerra mondiale, la Germania era anche una paese a sovranità limitata perché era occupato dalle quattro potenze alleate (Usa, Urss, Uk e, appunto, la Francia).

Il secondo, è il periodo che va dal crollo del Muro di Berlino alla conclusione del governo del socialista Gerhard Schröder (che restò al potere dal 1998 al 2005). Durante il governo del premier socialista, la Germania, pur potendo reclamare visibilmente la restituzione di una parte dell'eccesso di potere comunitario che la Francia si era tenuta per sé quando la Germania non poteva reclamarlo, frenò ulteriormente i suoi appetiti e moderò la sua esibita presenza comunitaria che crebbe soprattutto sotto traccia, attraverso il rafforzamento della partecipazione della Germania nell'alta burocrazia comunitaria dove, fino a poco tempo prima, la Francia la faceva da padrone.

Il terzo periodo va dal 2005 a oggi (cioè dalla elezione della Merkel come cancelliera della Germania ad oggi). In questi ultimi 13 anni la presenza di Berlino nelle istituzioni europee è andata crescendo non solo vertiginosamente ma anche visibilmente (a danno soprattutto della Francia, visto che gli altri paesi, Italia compresa, fino a quel punto avevano sempre ricevuto solo le briciole del potere continentale). Ovviamente la sua crescente marginalizzazione non piaceva alla Francia. Ma durante la presidenza Hollande, questo leader (considerato, a torto, un arrendevole mollaccione) aveva lucidamente capito che la cessione di potere alla Germania da parte della Francia era inevitabile e incontrastabile per cui, da abile politico qual era, l'ha gestita in modo tale da far ottenere alla Francia un atterraggio morbido su un terreno che tenesse conto dei valori in gioco.

La quarta fase, l'ultima, e nonostante le apparenze, disastrosa per la Francia, è cominciata il 14 maggio 2017 con la salita all'Eliseo di Emmanuel Macron. Un leader preparato e moderno, privo di scrupoli che non fossero relativi ai soli interessi della Francia, rapido nelle decisioni e molto abile a muoversi sullo scacchiere internazionale. Approfittando del fatto che la Merkel era letteralmente paralizzata nella sua azione comunitaria e internazionale dal fatto che, per almeno cinque mesi, era impegnata, ventre a terra, nelle elezioni politiche tedesche e che, dopo le elezioni, è stata impigliata per altri tre-quattro mesi nelle difficili trattative per la formazione del suo nuovo governo, Macron ha dispiegato tutta la sua attività politica a livello geopolitico planetario. In questo periodo, aiutato da una logistica diplomatica degna di ogni ammirazione, Macron ha girato il mondo come una trottola, visitando tutte le capitali che contano ed esprimendosi ogni volta a nome dell'Europa, in nome della quale assumeva impegni, offriva assicurazioni, disegnava alleanze, garantiva equilibri.

Apparentemente, il ruolo globale della Francia si è accresciuto,in questa fase, a danno del binomio con la Germania. Sennonché la Merkel, uscita dal suo lungo tunnel preelettorale e di formazione del suo governo, ha ripreso in mano la sua egemonia europea e, con il suo sorrisetto costante, che però è più pericoloso di un ruggito, ha ricacciato in gola a Macron tutti gli impegni che aveva assunto. Il binomio, prima franco-tedesco e poi tedesco-francese sta perciò diventando sempre più solo tedesco. Anche se la Germania, che vede più lontano di Macron e che non vive di fuochi di paglia, per non risultare egemone in Europa, fingerà di gestire il Vecchio continente in binomio con la Francia. Anche se questo binomio, che era già tarlato ai tempi di Hollande, con Macron si sta tramutando in una finzione. Un mantello per coprire la disparità delle forze.

Questa nuova fase comporta un inevitabile riposizionamento dei vari paesi dell'Unione europea, che debbono trovare, fra i 27 paesi, quelli con i quali tessere le alleanze più fruttuose. Uno dei quesiti che l'Italia dovrà porsi è: con chi giocare di sponda? Con la Francia o con la Germania? Ma questa alternativa, che non può certo essere accantonata, non è più sufficiente. Per esempio, i paesi di Visograd (Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria) hanno già tessuto un'alleanza fra di loro per crearsi un potere autonomo da spendere in Europa. A questi primi quattro paesi è molto vicina anche l'Austria. E il gruppo potrebbe crescere ancora di numero.

Questo vuol dire, continua Magnaschi, che l'Italia non potrà più attendere, come un tempo, limitandosi a giocare di rimessa. L'indebolimento del duo tedesco-francese, aumenta infatti gli spazi politici di tutti i paesi europei. L'Europa quindi parlerà sempre di più con la voce di molte capitali e non più solo con quella di due paesi (Germania e Francia) con il loro codacchio rassegnato di paesi vassali che non creano problemi purché siano pasturati per tenerli buoni. Ma l'Italia, che non è stata sinora in grado di tessere rapporti europei per noi fruttuosi, lo sarà con il nuovo governo? Ho i miei dubbi.

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