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Palazzi & potere
Volo, terrore e analisi dei rischi

Dunque, se i più che fondati sospetti di oggi troveranno conferma nei prossimi giorni, avremo ulteriore prova del fascino nefasto che la dimensione del volo esercita sui dispensatori di terrore; la caduta di un velivolo dissemina più panico di qualunque altro attentato ed in questo senso la terza dimensione, quella spaziale, va considerata particolarmente abbisognevole di protezione.
È stato l'11 settembre statunitense a squarciare questo nuovo
scenario, su quella scia molto è stato fatto, fino ad adottare
provvedimenti cautelativi prossimi all'isteria, e tuttavia permangono
sostanziali criticità, da affrontare con determinazione e possibilmente con la massima condivisione ed un maggior rispetto per la sicurezza collettiva.
Sopratutto, l'analisi del rischio va estesa all'intero mondo del volo,
dai nuovi arrivati, i droni, all'aviazione cosiddetta minore, dalla minaccia missilistica alla sicurezza cibernetica, senza ovviamente dimenticare l'aviazione commerciale, ossia i voli di linea, che sono quelli che comprensibilmente suscitano il maggior allarme. Nel caso specifico del volo Egypt Air precipitato nel Mar Egeo ieri 19
maggio, l'ipotesi più degna di attenzione sembra quella di un ordigno esplosivo piazzato a bordo durante la sosta del velivolo in un'area cosiddetta "sterile", ma che sterile evidentemente non era. La stessa cosa insomma che è successa lo scorso ottobre al charter Russo in transito a Sharm El Sheikh o, per chi ha più buona memoria e cervello, al velivolo Itavia precipitato nei pressi di Ustica il 27 giugno 1980.
Il problema dunque sembra essere quello del personale posto sotto la
giurisdizione del responsabile di rampa, quello che arriva fisicamente al velivolo in sosta per rifornirlo di carburante, ripulirlo dopo il volo, caricare i bagagli e le merci, fornire il catering, effettuare
le ispezioni o piccole manutenzioni e così via. Tradotto in soldoni si tratta di molte migliaia di individui dotati di un cartellino che probabilmente ne certifica anche l'affidabilità sotto il profilo della sicurezza ma che evidentemente non è garanzia sufficiente per farci volare tranquilli. D'altronde non dimentichiamo che si tratta di operatori con bassa professionalità, manovalanza
insomma, reclutata in ambiti sociali che spesso si identificano con la
periferia delle città grandi e piccole, quella che ha generato i
mostri di Parigi e Bruxelles.
Basta che uno di questi soggetti, pur non essendo organico ad alcun
gruppo terroristico, ne condivida però la causa ed il gioco è fatto;
uno strumento operativo nuovo in mano ai terroristi, un batterio da
inserire nelle aree sterili degli aeroporti. Dunque le norme di certificazione e controllo del personale vanno forse riscritte, norme che comportino verifiche più accurate, in stretto e continuo contatto con polizia ed intelligence e cervelloni associati.
Questo se di bomba a bordo si è trattato; ovviamente la tragedia
dell'Airbus egiziano può essere stata attuata con altre modalità
operative, quali il dirottamento del velivolo, un terrorista che si è
fatto esplodere, una bomba nel bagaglio da stiva che ha bypassato la procedura di riconciliazione passeggero bagaglio.
Tutto questo però nulla toglie alla necessità di rivedere la questione
della sicurezza del personale, un vero e proprio ventre molle nel
sistema di gestione degli aeroporti, soprattutto negli scali ad alta
permeabilità del radicalismo islamico.
 

Leonardo Tricarico
*ex Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare, già Consigliere Militare del
Presidente del Consiglio dei Ministri (1999-2004) e attuale Presidente della Fondazione Icsa

Tags:
voloanalisi





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