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Politica
Pd, Calenda: "Pronto a fondare un partito alleato dei Dem"
Carlo Calenda

“Siamo Europei può diventare un partito. Io sono iscritto al Pd, lavoro con Zingaretti. Il mio movimento dovrebbe rimanere quello che è: il collante di un mondo più ampio della sinistra. Ma se serve sono pronto a trasformarlo in un soggetto politico”. Così Carlo Calenda in un'intervista a La Repubblica. Calenda, il candidato dem più votato alle Europee con 272 mila preferenze nel Nord Est, insieme al segretario del Nazareno aveva dato vita alla lista unitaria che ha preso il 22,7 per cento. “Vedo l’utilità di avere una forza di centro, liberaldemocratica - ha detto l'ex ministro -. Sarebbe molto importante costruirla e se nascesse darei sicuramente una mano a mettere insieme tre grandi culture, la sinistra, il cattolicesimo democratico e il liberalismo, con un programma comune. Dobbiamo evitare che il Paese vada non a destra ma verso lo sfascio”.

È già una scissione? “Assolutamente no. Non farò niente contro il Pd. Mi muovo solo se lo decidiamo insieme. In Italia esiste ancora una componente di voto ideologico. Per me contano le proposte e le persone ma so anche che ci sono sensibilità diverse tra un socialdemocratico e un liberaldemocratico”.
Commentando le elezioni di domenica scorsa Calenda ha affermato: "Per l’Italia è l’esito peggiore possibile perché il Paese ora assomiglia alla Polonia e all’Ungheria ed è finito nella serie C dell’Europa». Inoltre a Bruxelles, ha aggiunto "il governo a guida leghista non conterà assolutamente niente ed è già oggetto di un confronto con accenni molto negativi nelle istituzioni europee”.
L'idea di Calenda è quella di una "coalizione che abbia una parte liberaldemocratica, il Pd e i Verdi che non possono essere quelli italiani, ma devono diventare una forza che affronta il tema ambientale come tema dello sviluppo. I nostri Verdi dicono no a tutto, sono un Movimento 5 stelle in piccolo. Eppoi ci sono +Europa e Italia in comune.

Con questi elementi l’alleanza si allarga e si rafforza". Il Pd ha preso il 22 per cento ma contano i 110 mila voti persi rispetto alle politiche? “Zingaretti fa un ragionamento giusto, matematico. Con l’affluenza più bassa il bacino da cui pescare è minore, quindi il paragone non regge. Dal punto di vista politico però siamo all’inizio del percorso ed eviterei toni trionfalistici”. Alla domanda se si può dialogare con i 5 Stelle, l'ex ministro ha risposto: «Assolutamente no. Perché dovrei parlare con una classe dirigente che è un disastro, che gestisce la cosa pubblica in maniera imbarazzante? Perché dovrei discutere con Di Maio che non va ai tavoli di crisi, con Toninelli Dio ce ne scampi, con la Lezzi, con la Castelli? È una classe dirigente dilettantesca e fra le peggiori che l’Italia ricordi".

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