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Politica
Pd caos: Zingaretti e Renzi, lotta continua

Mentre Salvini con la sua visita a Washington in veste di vice premier consolida la trumpizzazione della Lega, di fatto dell’Italia, il Partito democratico resta impigliato nella sua guerriglia interna. L’affaire Lotti-Csm e la stessa formazione della nuova segreteria senza renziani sono due facce della stessa medaglia. Al fondo c’è il nodo non sciolto se Renzi e i suoi se ne vanno dal partito o restano come “guastatori”, con gli anti-renziani che spingono per l’addio e con Zingaretti salomonico, teso a ricucire una unità impossibile, basata su mediazioni al ribasso e non sui contenuti politici. Più che una discriminazione voluta da Zingaretti, la nuova segreteria senza renziani è un errore tattico per dimostrare che “qui comando io”, un regalo a questi ultimi che così hanno buon gioco nel ribadire che si vuol rifare il Pds (o Ds) e hanno mano libera nel contrastare, ovunque e comunque, la nuova leadership.

Sullo sfondo c’è sempre la possibilità delle elezioni politiche anticipate, addirittura a breve, soprattutto se solo una crisi di governo può salvare l’Italia dalla procedura d’infrazione della Ue. In questo quadro di incertezze, Renzi non si decide: andarsene dal Pd, secondo l’ex Rottamatore tornato ostaggio degli ex Pci, e dar vita al suo nuovo partito personale (neo centrista?) o trincerarsi all’interno in una incessante opera di logoramento anti Zingaretti in previsione della battaglia finale, quella sulla formazione delle nuove liste elettorali? Qui siamo. Nel Pd non c’è una lotta politica dichiarata e alla luce del sole sulla questione centrale: che fare per uscire dalla crisi di identità, per rafforzare il consenso elettorale, per estendere il sistema delle alleanze politiche e sociali. Dopo le ripetute sconfitte elettorali, senza averne mai analizzato le cause, il nocciolo è oggi quella della definizione e della gestione di una nuova linea politica e programmatica, credibile e alternativa. Non è una questione di lana caprina e neppure una questione interna al Pd perché all’Italia serve comunque un forte e moderno partito di sinistra di “lotta e di governo”.

Nel Pd si continua a litigare sul “nulla”. Non c’è una linea politica definita e chiara del segretario Zingaretti e non c’è una linea politica contrapposta e alternativa dei suoi oppositori, renziani e non. La stessa opposizione al governo oscilla fra logiche massimaliste e propagandiste, ferma agli attacchi personalistici contro Salvini, senza rispondere al perché il leader della Lega ha un così vasto e crescente consenso. C’è anche chi cerca scorciatoie fantasiose quali alleanze con il M5S o addirittura con la stessa Lega. Martedì prossimo in Direzione, nella cupola del Nazareno, ci sarà la nuova puntata della telenovela, stavolta fra garantisti e giustizialisti, spremendo il caso Lotti-Csm in funzione di interessi di corrente e di gruppi.

I veri problemi che gravano sul Paese non sono mai posti all’ordine del giorno. La delusione, l’ insoddisfazione, la rassegnazione, la persistente volontà “anti partiti” e “anti sistema” di gran parte degli italiani vengono o ignorate o strumentalizzate e liquidate sbrigativamente incolpando gli altri, questo governo e i due partiti che lo sostengono. Il 56,09% dei votanti alle ultime Europee (contro il 57,22% di cinque anni prima), picchi di astensionismo elevati anche nelle ultime amministrative delle scorse settimane: numeri come macigni sulla credibilità della politica ma al contempo spazio per chi come il Pd è oggi all’opposizione, non per il “destino cinico e baro” ma per la punizione degli elettori dopo le fallimentari “prove del budino” date per decenni dai governi di sinistra e centrosinistra. La stessa realtà internazionale è inquietante.

I (pochi) ricchi del mondo possiedono un patrimonio pari alla metà di tutto quello dell’intera popolazione terrestre (Report Oxfam). Le ricchezze create non sono state redistribuite mentre le politiche fiscali hanno ridotto le imposte sui patrimoni. Non c’è bisogno di richiamarsi al marxismo-leninismo e alle sue fallimentari e tragiche esperienze del socialismo reale ma c’è da chiedersi il “perché” e il “percome” si sia giunti a una globalizzazione a senso unico, con tali livelli di sperequazione e di ingiustizia sociale, grazie a quali politiche economiche è stato possibile, anche in Italia e in Europa. Oggi, nella sinistra ridotta in Italia al Partito democratico, fortunatamente non c’è alcuna sacralità dei tempi del Pci, partito “depositario e portatore della verità”.

Ma al contempo non c’è nessuna verità: tutt’al più brandelli di riformismo, necessari ma non in grado di scaldare i cuori, di accendere la partecipazione, di vincere le elezioni, di cambiare nel profondo la società.  E il Pd, oggi? Cos’è. Cosa vuole. Per chi si batte. Con quali alleati. La discussione deve uscire dai caminetti e dagli anfratti interni: deve incentrarsi sui contenuti, non sul manuale Cencelli per dividersi cadreghe e strapuntini. La nuova segreteria è solo un organo esecutivo, usato stavolta pro e contro il segretario e pro e contro i suoi avversari interni. Zingaretti deve decidersi alzando il tiro, scegliendo una meta, indicando un percorso, allungando il passo. Adesso.

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