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Politica
Pd, capriole di Zingaretti sul nome. La trappola austerity per Di Maio

Nicola Zingaretti due giorni fa non ha trovato di meglio che ispirarsi come slogan ad una nota marca di pennello (“non serve un nuovo partito ma un partito nuovo” deriva da “non serve un pennello grande ma un grande pennello”) ed in effetti, a ben vedere, il PD negli anni, da quando ha estromesso il mondo dei salariati dalle sue istanze, non ha fatto altro che “imbiancare il sepolcro”:  si sono succedute sigle e leader ma la sostanza non è mai cambiata.

L’elettorato PD, ormai ristretto a manager, colletti bianchi, persone benestanti, nostalgici manipolati e pensionati timorosi, considera una riforma auspicabile quando equivale a sacrificio in nome dell'Europa dei (non) popoli e non ad una conquista sociale. Agli elettori democratici quindi, non piacciono i cambiamenti se non quelli di forma e così sarà anche questa volta, più sarà meramente formale il "cambiamento" e più si sentiranno "adeguati"essendo stati abituati in questo modo. A questa forma mentis è lecito pensare che non consegua alcun boom in termini di consenso elettorale.

Vi siete chiesti però perché Zingaretti abbia sentito l’esigenza di modificare il nome al PD proprio adesso che la sua formazione politica sta recuperando alcuni decimi di punto percentuale? La risposta sta in “Bibbiano”: è mia sensazione infatti che qualcosa di clamoroso stia per emergere e che Magistratura Democratica, per non danneggiare il PD, attenda di rivelarlo solo dopo le elezioni. 

Una volta esploso il bubbone esso sarà formalmente evitato e digerito dalle "masse" mediante la "nuova" sigla e grazie ai media. E' mia opinione che simili situazioni non possano essere liquidate con l'iniezione di facciata di qualche sardina e con un cambio di nome (a proposito di sardine sta emergendo che i loro capoccia già siano quarte, quinte file dei democratici, i soliti "polli di allevamento" quindi). 

Con questa formazione politica si federerà con estrema probabilità Giuseppe Conte, attraverso il condotto Fioramonti; quest’ultimo sulle colonne del Fatto, anni orsono, si definiva “cervello in fuga” ma a quanto pare l'ex Ministro non l’ha più ritrovato visto che a farlo fuggire furono proprio le politiche recessive del "progressismo" dei suoi futuri colleghi. 

Nel frattempo il M5s ha messo in calendario gli "stati generali" dove probabilmente avverranno cambiamenti di rilievo. 

Tutto è stato detto sulla formazione pentastellata in questi ultimi tempi tranne che essa non ha decenni di storia alle spalle: gli errori erano inevitabili. A causa di questi aspetti critici tutti eseguono il requiem dei 5s ma la mia sensazione è opposta rispetto a quanto detto sul PD: la base 5s è tutto tranne che decrepita e trae energia da cambiamenti concreti, forti dove viene iniettata passione e non staticità. A mio avviso l’ideale sarebbe che l'atteso cambiamento non fosse un ritorno alle origini ma una evoluzione che vi si ispiri e che in primo luogo incameri le migliori energie anti sistema “tenute in sonno” in questi anni.

Per quanto riguarda Luigi di Maio egli fu probabilmente giudicato come la persona più affidabile e fidata per il ruolo di capo politico, su decine di migliaia di volti magari in cerca di sistemazione, ed ha confermato comunque che il MoVimento anche governando col PD non ha perso il fattore della dignità, non si è macchiato e fatto inquinare dal potere, sport in cui i politici italiani si sono sempre distinti.

Il MoVimento e Di Maio in un anno e mezzo, sono stati criticati assiduamente anche dal sottoscritto ma districandosi tra i due forni, hanno approvato provvedimenti epocali come il Reddito di cittadinanza, lo "spazzacorrotti", Quota 100 e forse riuscirà a nazionalizzare Autostrade facendo piangere i rentiers neoliberisti nostrani confermandosi efficace strumento in mano ai cittadini.

Per quanto riguarda le defezioni volontarie da parte degli eletti invece, da sempre le considero atti poco nobili e questo a prescindere dal merito (e meno male perché mi sa proprio che il merito siano i soldi cui alcuni si sono affezionati un po’ troppo).

In conclusione più il MoVimento otterrà conquiste sul piano sociale più ne gioverà in termini di fiducia anche a spese del PD (e non solo!) e fino ad un vero e proprio "boom"; se invece prevarrà l'insensata austerity del partito di Zingaretti con il conseguente trasferimento di denaro dal sistema-paese fino nei forzieri di alcune banche private in difficoltà con conseguente stagnazione economica, il 5s perderà consistenza.

Ai posteri l'ardua sentenza.

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