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Politica
Pd, congresso subito. Sì, ma con quali proposte e candidati?

All'indomani della tragedia di Genova scriveva Velardi "il governo sceglie la radicalizzazione politica e scava un fossato incolmabile con l'Italia non militante giallo verde. Forse ricava qualche vantaggio a breve, ma si chiude dentro un fortino". Giorgetti deve avere pensato più o meno la stessa cosa per decidere, appena prima della sua presenza al Meeting di Rimini, di lanciare un piano nazionale per la manutenzione e riqualificazione di scuole, ponti, strade e immobili.

Per farlo, infatti,occorre aprire un tavolo di confronto concreto con Comuni e Regioni che vada oltre l'imput di ricevere le priorità entro dieci giorni, ma che possa essere effettivamente un'occasione seria per riflettere sugli assetti publico-privato in questo Paese: fondamentale coinvolgere Cantone di Anac e poi Ance, la Cooperazione, l'Ordine nazionale degli ingegneri. 

Al Meeting Giorgetti, a dire il vero, va pure oltre. Perché non deve essere piaciuto nemmeno a lui, come al Presidente Mattarella, lo spettacolo indecoroso sui media e social media, di parti politiche che giocano allo scarica barile nel momento in cui una ferita tanto violenta impone, invece,la massima coesione di un Paese. Del resto Craxi che il leghista, amato dai Presidenti della Repubblica, torna a citare in un'intervista a Tempi, era anche lui sì contro le elite, ma possedeva un programma liberal socialista e soprattutto un altissimo senso dello Stato, quello che a Genova dal governo nazionale non abbiamo visto (da quello della Regione sì).

Giorgetti dunque sceglie l'intergruppo parlamentare sulla sussidiarietà per sfidare l'opposizione a riprendere un ruolo politico, il che però significa esprimere contenuti, proposte e dotarsi di un'organizzazione capace di sottoporre al confronto popolare quelle proposte, di farsi carico del bisogno sociale dei cittadini senza alcuno snobismo circa le segnalazioni che essi avanzano, di favorire in ultima analisi l'emersione di nuove leadership.

Se è vero, come è vero, quel che dice Giorgetti "non c'è mai stata politica senza leader", è vero anche, come lui stesso poi ammette, che oggi siamo nell'epoca del rapporto diretto tra leadership e popolo e pur tuttavia "nei momenti di difficoltà della Lega Nord, è stata la presenza organizzata del partito a tenerci in vita prima che emergesse una nuova leadership, quella di Salvini appunto".

E poi naturalmente l'offerta a riprendere il dialogo sulle riforme istituzionali, non solo perché l'analisi del lombardo è realisticamente impietosa sul pericolo dell'uomo forte che scavalca la democrazia (io stessa a Baggio - Milano in una discussione con leghisti ed esponenti di forza Italia filo Lega, vengo difesa all'estrema destra che sulla gestione delle case popolari attacca LEGA e FORZA ITALIA chiedendo ordine e pulizia totale), ma pure perché questo Partito Democratico una proposta che sia una ancora non l'ha tirata fuori su alcunché. L'unica che rimane agli atti dopo il 4 Marzo è proprio quella di Franceschini che, all'indomani del voto, invita a porsi, inascoltato da più parti, in una posizione di dialogo politico proprio sulle riforme istituzionali. 

Dopo di allora solo Martina, non prima di due giorni fa, ha avanzato una proposta, la legge speciale per il porto di Genova. Poi nient'altro. Non abbiamo compreso le proposte alternative al decreto dignità, non abbiamo compreso quale modello di sviluppo pubblico-privato il PD proponga, non abbiamo visto pacchetti di idee sulle periferie, riforma dei servizi di promozione sociale, riforma della gestione delle case popolari, proposte di contrasto alle tossico dipendenze e riforma dei Cert, quali iniziative per lo sviluppo dell'economia digitale, della produzione culturale e del made in italiano. Non abbiamo neanche compreso quale strategia nei rapporti con Europa e Mediterraneo il PD proponga sui temi dell'immigrazione, sulla riforma dei trattati, sul ruolo economico e culturale che le Regioni del Nord possono e devono giocare in Europa e quello che le Regioni del sud possono e devono giocare nel Mediterraneo.

Ha ragione il deputato Marattin, l'intervento di Giorgetti al Meeting di Rimini sembra più essere uno scossone al Parlamento affinché si dia una mossa e lavori. A pensarci bene nel 2011 e nel 2013 Napolitano con maggior durezza e proprio dentro il Parlamento, fece la stessa cosa.

Ma allora però se è vero, come dice Minniti (*ieri a Panorama) che Renzi deve fare il leader e non il capo corrente, altrettanto il fronte del congresso subito deve scrollarsi ipocisie e non detti: coloro (pochi al momento) che in questa crisi della sinistra, riempiono le feste de L'Unita’ devono spendersi fino in fondo. 

Perché certo essere stato quello che riabilita Bertinotti con gli americani in favore di un centro sinistra bis, o che si è presentato  ai funerali di Craxi pur dopo aver tentato una mediazione per il suo rientro in patria, non è sufficiente. 

Serve mettere in rete le suggestioni di Rossi Doria e Bassolino a Napoli con la capacità gestionali di De Luca perché come dicono i cittadini "Campania, Basilicata e Molise non sono solo Salerno", gli spunti progettuali e di radicamento sociale di Nannicini, le intuizioni economiche di Cottarelli, Martelli e dell'Università di Trento, il richiamo agli appuntamenti internazionali come occasione di sviluppo locale dell'ex Sindaco di Ivrea che perde lo scranno ma guadagna la candidatura della città come patrimonio Unesco " per stimolare nuove visioni e incoraggiare l'innovazione". 

Serve riprendere il lavoro, solo annunciato da Guerini, di messa in rete dei centri culturali, delle associazioni per la coesione sociale nelle periferie, delle imprese che scommettono sulla libertà, la produzione culturale e lo sviluppo e non sulla paura come primo fattore di crescita. Serve dare una sponda politica a giovani dei quartieri popolari e ai tanti giovani manager di loro stessi al sud, serve richiamare una rete internazionale di italiani al lavoro per il Paese e costruire una squadra di governo locale a partire dall'elezione dei segretari regionali fondata su piattaforme di proposte discusse  fuori dai circoli per far rinascere il ruolo e il peso dei circoli. Serve, ha ragione Barbara Pollastrini, rilanciare il coordinamento del civismo espresso in tante liste in comuni piccoli e grandi ed affidarlo, perché no?, a personalità stimolanti e generose come Fabrizio Micari e Giorgio Gori. 

Serve rivedere Calenda Bonino e Della Vedova recuperare, insieme a Casini, lo spirito dell’esperienza di Monti riaggregando quei tanti ragazzi allora coinvolti e oggi senza punti di riferimento.

Senza tutto questo anche la giusta proposta dei comitati civici di Renzi, rischia di durare il tempo di un momento e invece abbiamo bisogno di luoghi aperti è trasversali dove avviare un dialogo democratico popolare.

Quando parla di ridare forma alla passione organizzata, l'ex Ministro Minniti risulta il più credibile, il più trasversale al fronte democratico, libertario e popolare. Risulta anche colui che a partire dalla sicurezza e dall'accordo Stato Regioni sul tema, ha finito per esprimere una visione economica che, lo ammetterà pure Delrio, ha sancito la cooperazione istituzionale, primo tassello per tornare "dalla società alla comunità" nella definizione sociologica con cui Giorgetti ha chiuso il suo intervento a Rimini.

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