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Politica
Pd congresso, tempi lunghi. Ecco il piano per 'far fuori' Renzi
LaPresse

"Convocherò l'assemblea il 7 luglio e il decideremo. Tutti invocano un congresso costituente. Con le nostre attuali regole il congresso è una conta su dei nomi che serve a ridefinire gli equilibri interni del Pd. Per aprire una fase costituente bisogna invece ripensare il Pd, le sue regole, darsi il tempo che serve per coinvolgere chi non ci ha più votato. Chi ha idee le può far vivere in un congresso o in una discussione più larga. Chi non le ha si affanna sulle procedure. La legge elettorale non prevede il candidato premier, il candidato premier di fatto già non c'è più. Ma resto dell'idea che il leader del Pd sia scelto dagli elettori con le primarie e non dagli editori con i loro giornali". Così Matteo Orfini, presidente Pd, in una nota.

All'indomani della batosta ai ballottaggi, con la perdita delle roccaforti ex rosse in Toscana e in Emilia, il Partito Democratico si interroga sui prossimi passi. Al momento restano due le ipotesi in campo. La prima, quella prevalente, prevede che il 7 luglio venga eletto Maurizio Martina segretario a tutti gli effetti in modo tale da aprire gradualmente la fase congressuale con le assise regionali e delle federazioni che mancano in autunno, da ottobre in avanti. Il congresso nazionale e le primarie per scegliere il nuovo segretario si terrebbero poi nel 2019, o immediatamente prima o subito dopo le elezioni europee (previste per fine maggio). A sostenere questa soluzione, oltre allo stesso Martina, sono un ampio fronte non renziano che va da Dario Franceschini a Piero Fassino, da Andrea Orlando a Michele Emiliano fino a Nicola Zingaretti e Graziano Delrio. L'altra ipotesi è quella di decidere subito il 7 luglio la data del congresso nazionale, probabilmente tra fine ottobre e l'inizio di novembre, con Martina che resterebbe nel ruolo di segretario reggente. Ad appoggiare questa linea, oltre a Renzi e ai suoi fedelissimi (sempre meno), anche il presidente del Pd Orfini.

Stando a diverse fonti contattate da Affaritaliani.it, sia renziane sia di altre aree del partito, il cambio di nome appare come altamente improbabile. "Il Fronte Repubblicano che tanto piace a Calenda trova pochi sponsor", spiega un parlamentare dem di lungo di corso. Forse, ipotesi allo studio, ci sarebbe l'inserimento della parola Europa nel simbolo del Pd. Ed è proprio l'Unione europea uno dei temi principali sul quale ripartire con la proposta da avanzare per le elezioni europee di eleggere direttamente il presidente della Commissione Ue. L'impressione è che il variegato fronte anti-Renzi, prima di dividersi tra Zingaretti, Delrio e forse altri candidati alla segretaria (Martina), punti ad allungare i tempi con il congresso nazionale nella tarda primavera del 2019 per cercare prima di prendere in mano il partito dal territorio attraverso le assise regionali e locali del prossimo autunno.

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