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Politica
Pd, il ritorno in campo di Renzi: harakiri annunciato

Nel suo nuovo tour per l’Italia con un comizio-caberet Matteo Renzi strappa applausi dai fan spinti da “cricche” eccitate con la bava alla bocca: “Siamo tutti con te, torna in campo!”. E’ un rito consumato quanto inutile. Nel Paese l’ex “rottamatore” non raccoglie consensi, bocciato nei sondaggi, ultimo fra i leader. Matteo, quo vadis? Non c’è più nessuno da rottamare. Ci hanno pensato gli elettori a fare (quasi) piazza pulita. Forse la lezione non basta. Con la pallottola e la baionetta in canna l’ex premier insiste nel solito refrain che vale per tutti, dentro e fuori il Pd: “Vae victis!”. Gli altri, sempre e solo gli altri – avversari-nemici prima da irridere poi da annientare - sono i responsabili e i colpevoli di tutto. Questo governo è fatto di “cialtroni”. Salvini&C hanno avuto la loro dose di letame pari o di più di quella a suo tempo gettata contro D’Alema&C. Renzi e il renzismo sono soprattutto questo. Primum denigrare, poi annientare. L’illusione, la boria, l’arroganza, il desiderio di vendetta oltre misura vincono sulla realtà. Gramsci scriveva che l’illusione “è la gramigna più tenace della coscienza collettiva”.

L’ex segretario ha chiari due concetti: il Pd è in crisi per colpa del “fuoco amico”, l’Italia rischia tutto per colpa dell’esecutivo giallo-verde, in primis di Salvini. Per il resto Renzi non sa che fare, dove andare, con chi. Prova a sparigliare i giochi per capire l’aria che tira e come muoversi cercando l’applauso facile che difficilmente si tradurrà in consenso elettorale. Matteo s’arrampica sugli specchi, “sparabolle” e “sparaballe” che convincono sempre meno i pochi amici né intimoriscono i molti nemici. La realtà è una sola, con il Partito democratico in stato confusionale, sempre nel tunnel dopo i disastri elettorali del 4 marzo e seguenti, inchiodato sul minimo storico del 17% mentre il Carroccio vola in testa oltre il 30% e l’esecutivo giallo-verde è promosso dal 62% degli italiani, con Lega e M5S sul 60% (Demos). Di questo stato di cose Renzi è fra i principali responsabili, se non il primo, incapace di analisi critica e auto critica, dedito allo scaricabarile e alle minacce: “Non vi libererete di me!”.

Quel che rimane del Pd rischia lo squagliamento finale con nuove guerre interne, l’ennesima scissione. Mentre il governo Conte va, con Salvini spinto dal vento in poppa con l’opposizione allo stato “penoso” (copyright Cofferati), il Pd s’attorciglia nelle sue beghe pre congressuali, un rito di cui nessuno sente il bisogno, forse il colpo di grazia per il de profundis. Il progetto politico, il programma alternativo, il partito nuovo? Niente. C’è chi prova un rilancio purchessia. “Altro che programma. L’opposizione deve essere incarnata da un leader” tuona Marco Minniti, testa lucida del Pd bocciato il 4 marzo dagli elettori rossi in quel di Pesaro. “Perché la connessione sentimentale con la gente non può farla un programma ma solo un capo”. Il pensiero va a Salvini che: “Con le sue idee perverse è un capo politico di un partito leninista”. Da Bossi e al Trota diritti fino al capo della rivoluzione d’Ottobre. Capito? Insomma Salvini è visto come un “furbo” che con le sue “furbate” conquista gli elettori. E’ sempre la stessa solfa sulla “nostra” presunta superiorità politica e morale contrapposta alla “loro” incapacità e alle loro politiche anti democratiche, anti europee, razziste, fasciste e così via. Tradotto: il popolo è bue quando punisce “noi” e premia “loro”.

E se il capo leghista mietesse consensi non per un programma e una politica “perversi” ma perché vede e interpreta la realtà, i bisogni, le necessità di quegli italiani (la maggioranza) abbandonati dal Pd e dai suoi governi? Oggi il Pd non ha né una politica né un leader. Non ha più neppure i suoi gruppi dirigenti corazzati e le sue organizzazioni capillari nel territorio. Agli italiani poco importa tutto ciò, identificando il Pd e Renzi per primo come i responsabili di gran parte dei loro guai. C’è davvero chi pensa che alla gente oggi interessi cosa farà l’ex leader-boy Renzi, se si candiderà alle primarie-bluff per tornare segretario del Pd o se farà un proprio partito neo centrista con una pennellata di rosso sbiadito? Sono solo cagnare fra clan e gruppi di potere, molti dei quali senza il ritorno di Matteo sarebbero presto disoccupati.

Il Pd è una oligarchia piegata dal peso di sconfitte politiche e fallimenti storici cui resta solo l’illusione di aggrapparsi agli ultimi predellini del potere perduto. Non è questione di collocazione geografica spostandosi un po’ più a sinistra. Un partito regge se è utile alla gente e al suo Paese. Manca l’analisi intellettuale prima che politica dei fatti, capire il cambiamento di pelle e dei paradigmi delle radici e degli ideali che hanno portato qui la sinistra, a un passo dalla debacle storica. Il mito del leader- capo è una illusione. Il ritorno di Renzi un harakiri annunciato, personale e per il Pd. Ma il problema non è solo Renzi. Chi ha avuto responsabilità politiche producendo questa realtà non ha alcuna credibilità per un altro giro di walzer. Il ping pong D’Alema-Bersani-Renzi&C è un gioco scoperto, una furbata cui nessuno più crede. E’ ora che i protagonisti, logorati e bocciati, ne traggano le conclusioni lasciando il campo. Definitivamente.

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