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Politica
Pd in ebollizione: Renzi travolto dalla “voglia di Dc”?


Come i capponi di manzoniana memoria si beccavano mentre andavano a morire così oggi la sinistra italiana nelle sue varie espressioni insiste a dilaniarsi al suo interno, suicidandosi. La disputa fra i contendenti non è solo politica (identità, programma, alleanze, leadership)  perché dominano a tutti i livelli, dal centro alla periferia, ambizioni di potere e rancori personali sempre più incomprensibili e sempre meno superabili. Ferite mai rimarginate di un passato che ritorna con i suoi fantasmi ideologici. Oggi, a sinistra del Partito democratico, a parte qualche frangia settaria, nessuno apertamente rivendica più l’orgoglio di aver militato nel Pci di Gramsci-Togliatti-Longo-Berlinguer, il partito della “diversità” e delle “mani pulite” costretto poi dal crollo del Muro di Berlino al precipitoso dietro front occhettiano della Bolognina. Invece, nel Partito democratico sempre in fibrillazione e in alto mare, rispunta una mai sopita “voglia di Dc”, sempre meno segreta e sempre più forte. A spingere sono esponenti ex Margherita che si richiamano a quella tradizione della Dc, diga anticomunista pur spesso a braccetto col Pci, capace nel dopoguerra di dare agli italiani la speranza, di indicare la via giusta, di fra crescere democrazia e sviluppo, di fare rispettare l’Italia nel mondo e dare dignità agli italiani. Altri tempi, altri uomini. Leader che avevano acquisito dalla millenaria tradizione cattolica importanti elementi di prudenza e di mediazioni ma anche di lungimiranza e di azione, capaci – non senza limiti ed errori - di percepire i problemi, i bisogni nuovi di una società in evoluzione e tradurli in azione politica e di governo. Quella Dc (ma anche quel Pci) era partito di potere ma anche partito delle idee, capace non solo di testimonianza ma di selezionare gruppi dirigenti, fare politica, governare. Dopo la fine della prima Repubblica e dopo la discesa in campo di Berlusconi il tentativo di saldare nel Pd la tradizione della sinistra riformista ex Pci con quella della sinistra cattolica ex Dc è fallito. Matteo Renzi, prima con la sua Leopolda della “rottamazione”, poi con il “suo” pidì che ha bruciato i ponti con il passato della sinistra, è stato il prodotto di questa situazione di crisi. Per tanti una speranza, per altri un bluff. Fatto sta che alla “prova del budino” né Renzi né il suo Pd hanno retto. Partito e leader, invece di essere la soluzione sono oggi il problema. L’ex premier tira diritto, insiste nell’assolo del partito a vocazione maggioritaria, baricentro della nuova maggioranza di governo, dopo il voto fra tre mesi o poco oltre. Per ora il risultato del renzismo è la sinistra all’angolo, la rinascita di una destra a brandelli e la resurrezione dell’ottantenne Berlusconi dato per stracotto. L’esangue esecutivo Gentiloni è marcato Pd ma pare orfano e lasciato al proprio destino. Alleanze a sinistra e nel centrosinistra? Solita guerra dei veti incrociati. La “Cosa rossa” a sinistra del Pd non riconosce il segretario del Pd “sprezzante e isolato” per nulla interessato a un governo di centrosinistra e quindi non intende tessere con lui alleanze anche se (Mdp in testa) preparandosi alla rottura con il governo potrebbe fare proprio il gioco di Matteo, con le elezioni anticipate ad ottobre. E’ un rischio che gli ex diccì del Partito democratico non vogliono correre perché le elezioni subito, oltre a non risolvere i problemi del Paese, possono riservare amare sorprese: se alle urne il Pd crolla rischia di sfaldarsi, se vince domina Renzi tornando a Palazzo Chigi con un suo proconsole nel partito. In entrambi i casi sarà una falcidia per tanti parlamentari (non rieletti) ed esponenti del Pd costretti all’irrilevanza se non all’emarginazione. Ecco perché gli ex diccì, preoccupati di essere cancellati con un colpo di spugna, “orgogliosi” della loro autonomia e preoccupati della rotta renziana sono tornati a rileggersi le burrascose storie delle correnti della fu Balena Bianca tessendo la tela dentro cui far cadere il segretario. E’ un lavoro all’ombra di vecchie e nuove sagrestie, una tentazione di un ritorno apparentemente all’indietro ma ritenuto l’unico in grado di costruire un futuro, anche personale, senza Renzi. Gentiloni fiuta ma non sa e non vede. Idem il Colle. L’onda democristiana cresce. La trappola è oramai pronta a scattare. L’obiettivo è far saltare la leadership renziana e spostare l’asse strategico del Pd: alt alla sua deriva moderata verso l’abbraccio con Berlusconi, via alla costruzione di un centro-sinistra a trazione pidì senza Renzi al timone. Chi ha più tela tesse.

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