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Politica
Pd, l'opposizione è in difficoltà? Solo perché non c'è il governo

Che oggi l’opposizione sia in difficoltà è una banale evidenza. Il primo sintomo è il silenzio. Chi saprebbe dire che cosa hanno fatto d’importante, recentemente, i dirigenti di Forza Italia, di Liberi e Uguali e soprattutto del Partito Democratico? Nessuno. Secondo l’impressione comune, “non fanno niente”.

Per il partito di Berlusconi si prevede l’infelice destino della mantide maschio: essere mangiato dopo l’accoppiamento dalla femmina, nel nostro caso la Lega. Per LeU si dice che il suo fallimento – ed oggi la quasi inesistenza – è anche il fallimento delle vecchie ricette della sinistra comunista, nel cui nome quella formazione era nata. E così il più giovane dei partiti è dichiarato preistorico. Infine, quando si parla del Partito Democratico, sembra che si sia porto il microfono ad una cooperativa di avvoltoi. Irrisioni degli sconfitti, consigli non richiesti, metafore funebri, il Pd non ha scampo. Lo si considera così disorientato che persino un professore come Ernesto Galli della Loggia si sente in dovere di fornirgli un programma in dieci punti, come se non fosse capace di sbagliare da solo.

In tutto questo c’è qualche esagerazione. Non che quei partiti non siano in difficoltà, ma il momento attuale è evidentemente di transizione. C’è differenza fra un cieco ed uno che è stato operato agli occhi. Per quest’ultimo si tratta soltanto di aspettare l’effetto dell’intervento chirurgico.

L’opposizione è immortale per ineluttabili ragioni teoriche. La democrazia è caratterizzata dalla possibilità di cambiare governo, alla fine di ogni legislatura. I partiti che vogliono andare al governo cercano di convincere gli elettori a votare per loro proponendo programmi estremamente seducenti, al limite della circonvenzione d’incapace, e in fondo non possono fare diversamente. Infatti la caratteristica dell’uomo è quella di non essere mai soddisfatto e di sperare sempre in qualcosa di meglio. Forse il cittadino che dovesse andare in Paradiso, seduto su una nuvoletta, si lamenterebbe ancora degli spifferi. Winston Churchill ha vinto la Seconda Guerra Mondiale e alle successive elezioni è stato mandato a casa. Chissà, forse avrebbe potuto vincerla prendendo con le buone Adolf Hitler, ed evitando così i bombardamenti di Londra e di Coventry.

L’opposizione non può non esserci. Ci si può chiedere soltanto chi la rappresenti, in un dato momento. Solo che, per esistere l’opposizione, ci deve prima essere un governo che governi. Essa è costituzionalmente un’antitesi, e se la tesi non c’è, è ovvio che l’antitesi abbia difficoltà a definirsi.

Nel nostro caso, l’attuale maggioranza ha presentato un programma che, a poterlo attuare, ci darebbe la botte piena e la moglie ubriaca. Come opporsi alla prospettiva della diminuzione delle tasse, della paga senza far nulla (così molta gente ha capito il reddito di cittadinanza), dello stop all’immigrazione clandestina, del rilancio dell’economia con i grandi investimenti, e della lotta alla disoccupazione e alla povertà? L’opposizione alla felicità è inconcepibile. Ma essa troverà facilmente la sua sostanza quando i miracoli non saranno realizzati e soprattutto quando, cercando di realizzarne qualcuno, bisognerà pagarne anche il prezzo. Non è più difficile di così.

Il governo è in carica da meno di un mese, e fino ad ora ha fatto qualcosa soltanto contro gli sbarchi degli immigranti clandestini. Un provvedimento molto atteso e che ha fatto tirare un sospiro di sollievo a milioni di italiani, ma un provvedimento dopo tutto facile, dal punto di vista finanziario, dal momento che non è costato un euro. I problemi veri nasceranno con gli altri punti del programma, quelli importanti. Questi non soltanto sono costosissimi ma non sono finanziati neanche per un decimo del loro costo. Dunque l’effetto positivo dello stop all’immigrazione clandestina, ammesso che si consolidi, fra qualche mese sarà svanito. Quello sarà il momento in cui bisognerà fare i conti non soltanto col resto del programma, ma con le manovre necessarie per aggiustare i conti, per evitare l’aumento dell’Iva, forse per parare il dilatarsi dello spread degli interessi sui titoli pubblici. Insomma ce n’è, di carne al fuoco. O forse, al contrario, non abbiamo né la carne né il fuoco. E allora si salvi chi può. L’opposizione comincerà nelle case degli italiani.

giannipardo@libero.it

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