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Politica
Pd-Leu, destini incrociati: dopo il flop elettorale annunciato, l’implosione?

A poco più di quaranta giorni dal voto del 4 marzo sono soprattutto i due principali partiti della sinistra, Pd e Leu, a subire il martellamento di sondaggi negativi, rischiando di sprofondare entrambi nel cul-de-sac. Le previsioni continuano a dare il partito dell’ex golden boy Renzi in caduta libera (ben sotto il 25%) e condannano il partito del gelido bonario magistrato Grasso e della badessa Boldrini, all’irrilevanza (ben sotto il 10%). Una debacle annunciata, mentre avanza a zig zag il centrodestra a quattro gambe messo insieme col cerotto dall’istrionico Rais di Arcore che, da consumato venditore, promette a tutti la luna nel pozzo e già canta vittoria, ben sapendo che la gente segue il flusso dei probabili vincenti e non quello dei sicuri perdenti. Intanto, per nulla frenato dal quasi caos delle Parlamentarie “da carnevale” e dalle deludenti prove nel governo locale, specie a Roma, il M5S resta graniticamente in vetta. Dalla sua torre di comando il mitragliere Grillo richiama all’ovile il suo “caporale di giornata” con la spocchia da statista neofita, Di Maio, per chiudere a qualsiasi alleanza – una stroncatura per le improvvide avances del sempre illuso Bersani! - rivendicando la non contaminazione del suo movimento anti sistema: in questo caso “duri e puri” contrapposti agli altri partiti non tanto per vocazione identitaria ma più prosaicamente per non perdere voti. Il tutto in un quadro di perdurante crisi economica e con i grandi nodi irrisolti, con il Paese – parole del presidente Ixè Weber - “in una bolla di rancorosità” che sfocerà in un astensionismo più ampio di quello già preoccupante del 2013, stavolta con oltre 16 milioni di italiani intenzionati a rimanere a casa e addirittura con la metà dei giovani tra 18 e 24 anni decisi a disertare le urne. Qui siamo. Insomma, mentre M5S, Forza Italia, Lega tengono o addirittura avanzano nei sondaggi e la coalizione di centrodestra punta alla maggioranza per poi fare da soli il governo, il Pd e Leu – pur in situazioni diverse – restano nel pantano. Perché? I due rancorosi partiti della “fu sinistra” pascolano nello stesso campo chiusi in un unico recinto, rubandosi l’un l’altro la stessa erba. Così Leu non sfonda né nell’elettorato degli “arrabbiati” per lo più fermi nel limbo del M5S, né recupera nel mare magnum dei delusi dell’astensionismo portando via voti esclusivamente al Partito democratico che, a sua volta, perde pezzi a sinistra senza recuperare fra i moderati, tanto meno a destra. Perché tutto ciò accade? Liberi e Uguali viene percepito come il partito anti Pd, considerato di destra e il più “nemico” fra i nemici, partito nato per disarcionare Renzi, considerato politicante vanitoso e vacuo alla guisa di un usurpatore-traditore. Idem sull’altro fronte, quello dei renziani, instancabili nel martellare i fuoriusciti di Leu accusati di tirare la volata alle destre. E’ il solito refrain. Le continue lotte intestine alimentate anche da risentimenti personali, poi la scissione, quindi la logica: “Mors tua vita mea” producono delusione, disorientamento, forfait. Il nodo è politico investendo l’identità e la prospettiva dei due partiti: chi sono e cosa vogliono oggi il Pd e Leu? Il Pd renziano, cui va il merito di aver capito che in Italia la sinistra (anche quella riformista) resta minoritaria, ha lasciato la sponda nativa troncando con la tradizione della sinistra storica, di fatto abiurando il Pci e rottamando come monito e come emblema del nuovo corso, gli ex comunisti. Ma il pidì è rimasto in mezzo al guado, senza una rotta precisa, non sapendo dove approdare. D’altra parte, Leu ha mandato avanti un personaggio “presentabile” qual è Grasso ma il gran mossiere resta D’Alema, con Bersani&C supporters, richiamando nostalgicamente al militantismo contro qualcuno (oggi Renzi, domani chissà) per rifare, riveduto e corretto, un Pci mignon. Così sprofondano i due partiti, con la sinistra ridotta nel ruolo di testimonianza lasciando il campo al populismo e alla demagogia di altri, destre o grillini, poco cambia. Vista la malaparata, c’è chi (D’Alema per Leu e Del Rio per il Pd) gioca di sponda, pensando al dopo voto, a un governo “a termine”, in grado di varare una nuova legge elettorale tornando (in autunno?) alle urne. Una nuova avveduta strategia politica per il riabbraccio fra Pd e Leu o il prolungamento della loro agonia? Forse, solo un escamotage di chi sa di perdere le elezioni andando ko e cerca un appiglio per rimanere a galla. Già si staglia, sulla riva del fiume, l’ombra del Cav.

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